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“Ha fatto saltare in aria mio figlio Matteo. Adesso è libera e vicina di casa”: il dolore di una mamma

Pubblicato: 30/06/2025 12:48

Trenta metri, sessanta passi appena. È la distanza che separa la casa di Sara Scarpulla, madre di Matteo Vinci, da quella di Rosaria Mancuso, la donna che per due sentenze è stata considerata la mandante dell’omicidio del figlio, ucciso nel 2018 da un’autobomba. Oggi, però, la situazione è cambiata: la Cassazione ha annullato la condanna all’ergastolo per Mancuso e ne ha disposto la scarcerazione, ordinando un nuovo processo d’appello.

La vicenda ha scosso ancora una volta il piccolo paese di Limbadi, nel Vibonese, feudo storico della potente cosca Mancuso. L’origine del conflitto, secondo le indagini, era una questione di terreni e confini agricoli: la matriarca avrebbe voluto impossessarsi di alcuni appezzamenti appartenenti alla famiglia Vinci, che però si era rifiutata di cedere. Di mezzo, una lunga scia di minacce, intimidazioni e denunce reciproche.

Sara Scarpulla oggi vive nell’angoscia. “Dietro casa ce li ho, come faccio a vivere?”, si chiede. “Se esco dal cancello sul retro, li vedo. Se vado nell’orto, ci sono. Ogni giorno è paura”. La voce è tesa, piena di rabbia e stanchezza. Dovrà aspettare novanta giorni per leggere le motivazioni della Cassazione e poi affrontare un altro processo. “Ma io non faccio passi indietro, è da trentasette anni che combatto”.

Anni segnati da minacce, dispetti, agguati, denunce, spiega. “Un anno fa mio marito è stato citato in giudizio per invasione di terreno. Ma quasi non cammina più: come avrebbe potuto?”. Eppure si è dovuta rivolgere a un avvocato, spendere soldi, affrontare un’altra battaglia. Anche chi sta vicino a lei è stato colpito: un bracciante che lavorava nei suoi campi è stato minacciato e costretto ad andarsene.

La madre di Matteo non si capacita. “L’aggravante mafiosa è caduta in appello, ma hanno confermato l’ergastolo per il genero. E non per lei, che si chiama Mancuso. È lei la matriarca, lei ha ordinato tutto”. Rosaria Mancuso, infatti, è sorella, figlia e nipote di boss. E secondo Scarpulla, ha sempre esercitato un potere feroce: “Sai come si presenta? ‘Io sono la Mbrogghia’. È il soprannome del padre, Ciccio, capostipite di una delle anime più violente della ’ndrangheta”.

Mentre la ’ndrangheta evolve tra appalti e politica, la componente degli “Mbrogghia” continua a comandare con la forza: terra, paura e vendette. “Io so chi sono, lo sa tutto il paese. Ma adesso che lei è uscita, nessuno ne parla. Anche le mie amiche mi evitano”, dice Sara. Non ha mai accettato il silenzio, ha sempre denunciato. E Rosaria Mancuso lo sa bene. Gli investigatori l’hanno sentita dire, all’arresto: “Doveva toccare a lei”.

Oggi Sara vive sotto una vigilanza leggera, ma la definisce una condizione “come stare seduti su una bomba”. Non ha intenzione di andarsene: “Io da qui non me ne vado. So che qualcosa succederà, ma non mi muovo. Matteo deve avere giustizia”. Il nuovo processo stabilirà se Mancuso dovrà tornare in carcere. “Io non chiedo niente per me, voglio solo che chi ha ucciso mio figlio paghi davvero”.

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Ultimo Aggiornamento: 30/06/2025 14:57

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