
Uno dei segnali più concreti di avanzamento nei negoziati di pace tra Hamas e Israele è finalmente arrivato: le delegazioni si sono scambiate le liste degli ostaggi e dei prigionieri da rilasciare nel quadro di un possibile accordo per il cessate il fuoco. A confermarlo è stato Taher Al-Nounou, alto funzionario del movimento palestinese, che ha parlato di “spirito di ottimismo” nei colloqui in corso sulle rive del Mar Rosso.
L’elenco israeliano comprende 48 ostaggi attualmente detenuti da Hamas nella Striscia di Gaza — alcuni dei quali sarebbero deceduti — mentre, dalla parte palestinese, la richiesta principale riguarda la liberazione di 250 detenuti, tra cui spicca il nome di Marwan Barghouti, figura storica della resistenza palestinese.
Proprio in relazione a Barghouti, fonti palestinesi riferiscono che sua moglie Fadwa Barghouti è giunta al Cairo nelle ultime ore, dopo essere partita da Ramallah. Una presenza che non passa inosservata nel contesto delle trattative, dato che Hamas considera il rilascio di Barghouti un punto chiave per qualsiasi intesa di lungo termine.

Lo scambio delle liste rappresenta il passaggio tecnico più significativo finora, dopo settimane di negoziati indiretti condotti con la mediazione di Egitto e Qatar. “I nostri negoziatori stanno mostrando la positività e la responsabilità necessarie per raggiungere progressi indispensabili”, ha detto ancora Al-Nounou, assicurando che l’obiettivo è completare l’accordo per il cessate il fuoco.
Sul tavolo, oltre allo scambio di prigionieri, ci sono anche altri dossier cruciali: il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza e le garanzie per la fine delle operazioni militari. Tutti temi su cui si registra, secondo fonti diplomatiche egiziane, un maggiore allineamento rispetto alle scorse settimane.
Nel frattempo, la pressione internazionale continua a crescere. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha rivelato che l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, gli avrebbe chiesto esplicitamente di intervenire per convincere Hamas a negoziare. “Ci ha chiesto di incontrarli e portarli a trattare”, ha riferito Erdogan.

A Sharm el Sheikh sono già arrivati anche Jared Kushner, genero e consigliere di Trump, e Steve Witkoff, inviato speciale per il Medio Oriente. I due sono gli architetti del controverso piano in 20 punti promosso dalla Casa Bianca per mettere fine al conflitto.
In Israele, intanto, la linea dura continua a emergere attraverso figure chiave del governo. Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, esponente dell’estrema destra, ha partecipato a una preghiera al Monte del Tempio, dichiarando di pregare per “la distruzione di Hamas e il ritorno degli ostaggi”.
Eppure, mentre sul campo resta alta la tensione, è proprio lo scambio delle liste a rappresentare un primo passo tangibile verso la possibilità di un’intesa. Per la prima volta dall’inizio della guerra, le parti sembrano almeno pronte a parlare la stessa lingua: quella della trattativa.


