
Luciano Spalletti debutta sulla panchina della Juventus e lo fa con una scelta identitaria: linea difensiva a quattro, centrocampo a tre con regia pulita e due attaccanti complementari. Nel secondo paragrafo di campo c’è già la certezza principale: Di Gregorio in porta, Cambiaso e Kostic sugli esterni, Kalulu e Gatti al centro, Locatelli in cabina di regia con Koopmeiners e Thuram mezzali, McKennie alle spalle del tandem Openda-Vlahović. Una formazione che racconta molto delle intenzioni dell’allenatore: equilibrio, gamba, automatismi e il ritorno a un calcio più razionale dopo le stagioni della confusione. Spalletti lo ha detto chiaramente alla vigilia, che “dobbiamo stare insieme qualche mese e se riusciamo a far nascere empatia tutto sarà molto più bello”, lasciando intendere che il primo obiettivo non è il risultato, ma la costruzione di un’identità collettiva.
Equilibrio tattico e responsabilità sugli esterni
Il nuovo assetto mette al centro la difesa a quattro, che obbliga i terzini a una doppia lettura costante: spingere, ma senza abbandonare la linea. Cambiaso dovrà garantire continuità di corsa, mentre Kostic è chiamato a dare ampiezza senza perdere l’attenzione sulla copertura. Davanti a loro, Locatelli detta i tempi, Koopmeiners offre fisicità e inserimenti, Thuram rompe le linee con progressioni e contrasti. McKennie si muove come raccordo, pressa alto e libera lo spazio centrale per le punte: Vlahović resta il riferimento d’area, Openda apre corridoi alle sue spalle. Il rischio evidente è lo sbilanciamento sulle transizioni laterali, ma la Juventus punta a compensarlo con ordine e distanza tra i reparti, senza cadere nel difetto dei “burri” difensivi degli ultimi anni.
Come risponde la Cremonese
La Cremonese si presenta a specchio inverso, con una struttura a tre centrali dietro e un centrocampo denso che prova a chiudere le linee interne per costringere la Juventus a giocare largo. Audero guida un reparto difensivo che resterà compatto, con i quinti pronti a trasformarsi in ali per ripartire in velocità. In attacco, la scelta di due punte vere punta a sfruttare ogni uscita imprecisa dei bianconeri, con movimenti alle spalle dei terzini e gioco diretto nei corridoi vuoti. Il loro piano è semplice: ritmo basso, densità centrale, accelerazione improvvisa. Ed è esattamente il tipo di partita che la Juventus non deve accettare.

