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“Cosa diceva Falcone”. Ma è tutto falso! La clamorosa bufala di Grattieri è virale

Pubblicato: 12/11/2025 08:18

Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri è finito al centro di una nuova polemica dopo aver citato, durante un intervento pubblico, una falsa intervista di Giovanni Falcone per sostenere la sua posizione contro la separazione delle carriere dei magistrati. L’episodio, denunciato su X (ex Twitter) dal giornalista de Il Foglio Luciano Capone, ha sollevato interrogativi sulla qualità del dibattito e sulla responsabilità delle fonti nel discorso pubblico, soprattutto quando a parlare è un alto rappresentante della magistratura.

“Nicola Gratteri, procuratore di Napoli e frontman del No al referendum, legge una falsa intervista di Giovanni Falcone contro la separazione delle carriere: uno di quei meme che girano su Facebook e Whatsapp, talvolta sul Fatto. Se pure da pm verifica così le prove siamo fottuti”, ha scritto Capone nel suo post.

La falsa intervista di Giovanni Falcone

La presunta intervista di Giovanni Falcone è uno dei contenuti più diffusi nei gruppi social contrari alla riforma della giustizia e alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. In essa, il magistrato simbolo della lotta alla mafia – assassinato nel 1992 – viene descritto come contrario a qualsiasi distinzione tra le due figure.
Tuttavia, come già verificato in passato da diversi siti di fact-checking, quell’intervista non è mai esistita: si tratta di un falso virale, un meme costruito ad arte e rilanciato per anni su Facebook e WhatsApp, spesso accompagnato da loghi di testate giornalistiche mai coinvolte.

La posizione di Gratteri sul referendum

Nicola Gratteri si è schierato apertamente contro il referendum sulla separazione delle carriere, promosso da varie forze politiche e sostenuto da chi vede nella riforma un passo necessario verso una maggiore imparzialità della giustizia.
Durante un recente incontro pubblico, Gratteri avrebbe letto ampi stralci della falsa intervista di Falcone, utilizzandoli come argomento per rafforzare la propria tesi: secondo il procuratore, dividere le carriere tra giudici e pm indebolirebbe l’efficacia delle indagini e favorirebbe l’impunità.

L’errore, tuttavia, non è passato inosservato. Il post di Luciano Capone ha innescato una reazione immediata sui social, generando centinaia di commenti tra ironia, indignazione e richieste di chiarimento.

Le reazioni del mondo politico e giornalistico

Molti esponenti del mondo politico hanno colto l’occasione per sottolineare la gravità dell’episodio. “Se un procuratore della Repubblica cita fonti false per sostenere la propria posizione, è un problema di metodo e di credibilità istituzionale”, ha commentato un parlamentare della maggioranza.
Anche diversi giornalisti e osservatori hanno espresso perplessità: secondo loro, l’episodio evidenzia come anche figure autorevoli possano cadere nella trappola delle fake news e dei contenuti manipolati.

Capone, nel suo messaggio, ha ironizzato sul ruolo di Gratteri come pubblico ministero, insinuando che la sua leggerezza nel verificare la veridicità delle fonti potrebbe riflettersi anche sull’attività investigativa: “Se pure da pm verifica così le prove, siamo fottuti”, ha scritto senza mezzi termini.

Il dibattito sulla separazione delle carriere

La questione della separazione delle carriere è da anni al centro del dibattito politico e giudiziario italiano. I sostenitori della riforma sostengono che essa garantirebbe una maggiore terzietà dei giudici, eliminando il rischio di commistione tra accusa e giudizio.
Dall’altra parte, una parte consistente della magistratura, rappresentata anche da Gratteri, teme che la riforma possa minare l’indipendenza del pubblico ministero e aprire la porta a pressioni politiche.

L’episodio della falsa intervista di Falcone rischia però di oscurare il merito del confronto, spostando l’attenzione sulla superficialità con cui vengono talvolta gestite le fonti, anche da chi ricopre ruoli di altissima responsabilità.

Conclusione: un segnale d’allarme per il dibattito pubblico

L’errore di Nicola Gratteri, segnalato da Luciano Capone, rappresenta più di una semplice svista: è un segnale d’allarme sulla qualità del dibattito pubblico e sulla necessità di verificare le fonti prima di utilizzarle in contesti istituzionali.
In un’epoca in cui la disinformazione circola con estrema rapidità, anche un magistrato di primo piano può cadere vittima di contenuti ingannevoli. Ma proprio per questo – sostengono molti osservatori – la responsabilità di chi parla da una posizione di autorità dovrebbe essere ancora maggiore.

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