
Nel talk show Di Martedì, condotto da Giovanni Floris su La7, la serata si è infiammata attorno all’intervento del giornalista Antonio Padellaro, firma storica del Fatto Quotidiano. Davanti a milioni di telespettatori, l’editorialista ha rivolto un duro attacco al governo guidato da Giorgia Meloni, accusando la maggioranza di avere perso il contatto con la realtà e di aver trasformato l’esperienza di governo in una gestione autoreferenziale del potere.
Il monito di Padellaro alla destra di governo
Nel corso del dibattito, incalzato dalle domande di Floris e dalle repliche degli altri ospiti, Padellaro ha pronunciato una frase destinata a far discutere: «Attenzione, perché nell’opinione pubblica sta maturando l’idea che ci sia una sorta di orgetta del potere. Chi ha patito la fame ora esagera». Una dichiarazione che ha immediatamente acceso lo studio e scatenato reazioni contrastanti.
Secondo il giornalista, chi per anni si è presentato come interprete del malcontento popolare starebbe oggi ripetendo gli errori della politica di palazzo, abbandonando la sobrietà per indulgere nei privilegi del potere. Il suo intervento, per quanto aspro, si inserisce nel solco della critica democratica rivolta all’operato dell’esecutivo, ma rappresenta anche un ulteriore punto di frizione tra la premier Giorgia Meloni e il mondo dell’informazione.

La critica diretta alla premier
Dopo la prima stoccata, Padellaro ha puntato il dito direttamente contro la presidente del Consiglio, suggerendo un cambio di passo nella gestione della leadership. «Se fossi un suo consigliere — fortunatamente non lo sono — le direi di rafforzare il suo ruolo istituzionale: è troppo capo partito e troppo poco presidente del Consiglio», ha osservato tra gli applausi del pubblico.
Con questa riflessione, il giornalista ha voluto sottolineare la necessità per la premier di assumere un profilo più istituzionale e meno politico, separando con chiarezza le funzioni di leader di Fratelli d’Italia da quelle di capo dell’esecutivo. Un monito che si inserisce in un contesto di forte personalizzazione del potere, dove la comunicazione politica spesso prevale sui contenuti programmatici.
Un confronto che riaccende il rapporto tra politica e media
Le parole di Padellaro hanno riacceso il dibattito sul difficile equilibrio tra governo e stampa. Negli ultimi mesi, il rapporto tra Palazzo Chigi e l’informazione è stato segnato da reciproche accuse: da un lato la premier denuncia la presenza di un “giornalismo ostile”, dall’altro molti editorialisti sostengono che il governo tenda a reagire in modo difensivo e poco trasparente.
L’intervento del giornalista al programma di Floris ha sintetizzato questa tensione, trasformando il confronto televisivo in un momento di riflessione sul ruolo del potere e sulla libertà di critica.
La reazione del pubblico e il peso delle parole
In studio, l’affermazione sull’“orgetta del potere” ha suscitato un misto di sorpresa e approvazione. Alcuni ospiti hanno tentato di smorzare i toni, altri hanno condiviso l’analisi di Padellaro, evidenziando i rischi di una politica che, una volta raggiunto il governo, tende a riprodurre le dinamiche di potere che un tempo condannava.
Sui social, il dibattito è proseguito per ore: c’è chi ha elogiato il coraggio del giornalista nel denunciare quella che definisce una deriva autoreferenziale e chi, invece, lo ha accusato di faziosità e di voler costruire una narrazione contro la maggioranza.
Conclusione: il valore della critica nel dibattito pubblico
L’intervento di Antonio Padellaro a Di Martedì non è stato solo una provocazione televisiva, ma un richiamo al senso del limite nel potere politico. La sua espressione sull’“orgetta del potere” riassume, in forma provocatoria, il timore che la lunga stagione del consenso possa trasformarsi in un esercizio autoreferenziale e poco attento al Paese reale.
In un momento in cui la premier Giorgia Meloni è chiamata a consolidare la propria immagine istituzionale, la critica di Padellaro assume un valore simbolico: ricorda che, anche in politica, la misura resta la forma più alta di autorevolezza.


