
Una nuova tragedia nel Mediterraneo centrale ha visto coinvolti almeno 42 migranti dispersi dopo il capovolgimento di un gommone al largo delle coste della Libia. L’episodio, avvenuto l’8 novembre, è stato riportato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), che ha fornito dettagli sulle operazioni di soccorso e sulle condizioni dei sopravvissuti.
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Secondo l’Oim, l’imbarcazione, partita da Zuwara il 3 novembre intorno alle 3 del mattino, trasportava 49 persone, tra cui 47 uomini e due donne. «Circa sei ore dopo, le onde alte hanno causato un guasto al motore, rovesciando l’imbarcazione e gettando tutti i passeggeri in mare», si legge nel comunicato. Dopo sei giorni alla deriva, solo sette uomini sono stati tratti in salvo: quattro sudanesi, due nigeriani e un camerunense. Gli altri 42, tra cui 29 sudanesi, otto somali, tre camerunensi e due nigeriani, risultano dispersi e si presume siano morti.

L’intervento di Medici Senza Frontiere
Di fronte all’aumento delle emergenze nel Mediterraneo, Medici Senza Frontiere (Msf) ha annunciato oggi la ripresa delle operazioni di ricerca e soccorso con la nuova nave Oyvon, quasi un anno dopo la sospensione delle attività della Geo Barents nel dicembre 2024. L’imbarcazione, lunga 20 metri e battente bandiera tedesca, è stata completamente ristrutturata e sarà operativa con un equipaggio di dieci persone, tra cui un medico e un infermiere, con capacità di prestare assistenza in caso di ipotermia, ustioni e ferite legate agli abusi subiti dai migranti in Libia.
Juan Matias Gil, capomissione di Msf, ha sottolineato: «Riprendiamo le operazioni perchè abbiamo il dovere di soccorrere chi si trova in difficoltà in mare». L’organizzazione ha ricordato come molte persone fuggano da condizioni disumane nei centri di detenzione libici, dove subiscono violenze, estorsioni e trattamenti arbitrari.
Il contesto migratorio
Stando ai dati del ministero dell’interno, alla data dell’11 novembre gli sbarchi dall’inizio dell’anno hanno raggiunto quota 61.482, in leggero aumento rispetto ai 58.668 dello stesso periodo del 2024, ma in forte calo rispetto ai 146.868 del 2023. L’Oim ha prestato assistenza medica e supporto ai sopravvissuti, evidenziando la gravità della situazione umanitaria nel Mediterraneo centrale.
Msf ha spiegato che la sospensione delle attività della Geo Barents nel 2024 era stata dettata dalle politiche restrittive italiane, come il decreto Piantedosi e l’assegnazione di porti lontani, che hanno reso le operazioni di soccorso particolarmente difficili. «L’uso di una nave più piccola e veloce è una risposta strategica a leggi e pratiche sempre più restrittive che mirano a ostacolare i soccorsi umanitari», ha aggiunto Gil.

La responsabilità di Italia e Unione europea
Dal 2015, Msf ha partecipato alle operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale con nove diverse imbarcazioni, soccorrendo oltre 94 mila persone. L’organizzazione ribadisce che Italia e Unione europea devono garantire che le navi civili possano operare liberamente, rispettando il diritto internazionale e mettendo la tutela della vita umana al centro delle politiche migratorie.
Il caso del gommone naufragato al largo di Al Buri evidenzia ancora una volta l’urgenza di misure efficaci per prevenire tragedie simili e di garantire soccorso immediato e sicuro a chi tenta la traversata. L’episodio sottolinea la fragilità delle rotte migratorie e la necessità di un coordinamento internazionale per proteggere i migranti in fuga da guerre, violenze e persecuzioni.


