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“Basta bugie!”. L’ex di Alex Britti rompe il silenzio e svela tutta la verità su quei video

Pubblicato: 14/11/2025 20:54

L’ex compagna del cantante Alex Britti, Nicole Pravadelli, ha deciso di rompere il silenzio mediatico all’indomani di una sentenza del Tribunale di Roma che l’ha vista condannata a sei mesi di reclusione, con pena sospesa, per il reato di interferenze illecite nella vita privata dell’artista.

La donna ha rilasciato una dichiarazione all’Adnkronos, smentendo con fermezza e decisione le molteplici ricostruzioni mediatiche che circolano sulla vicenda. Pravadelli ha definito queste narrazioni come false e profondamente dannose, in primo luogo per la serenità e l’equilibrio del figlio di otto anni che condivide con Britti. L’obiettivo della sua presa di posizione è chiedere pace e rispetto per la vita privata sua e del bambino, stanco della strumentalizzazione della vicenda.

La presunta richiesta di affido esclusivo

Il fulcro della polemica mediatica e della difesa di Pravadelli ruota attorno all’utilizzo di un baby monitor, che, secondo il Tribunale, la donna avrebbe usato per spiare la vita intima di Britti. Tuttavia, Pravadelli ha voluto fare chiarezza su uno dei punti che, a suo dire, sarebbe stato travisato e amplificato dai titoli di giornale. La donna ha smentito in maniera categorica di aver utilizzato il presunto video in questione per richiedere un affido esclusivo del figlio nell’ambito della causa civile. Pravadelli ha tenuto a precisare che la richiesta di affido esclusivo non è mai partita da lei. Al contrario, è stata la controparte, ovvero Alex Britti, a richiedere il collocamento prevalente del figlio presso il padre. Questa richiesta di Britti è stata poi negata dal giudice della Corte d’Appello in quanto, secondo la Pravadelli, priva di alcuna motivazione valida. La donna intende quindi ristabilire la verità dei fatti in merito alla dinamica processuale civile, che è stata confusa con la vicenda penale.

Lo scopo reale del video e la smentita sulla residenza

Nicole Pravadelli ha spiegato la vera motivazione dietro l’allegato video all’istanza legale. Non si trattava di una strategia per ottenere l’affido esclusivo, bensì di un tentativo disperato di anticipare un’udienza già fissata. L’obiettivo era dimostrare in tempi rapidi che la situazione domestica era diventata talmente conflittuale e negativa, da arrecare un danno al benessere del bambino. Secondo la donna, non c’era tempo da aspettare per la risoluzione della controversia, e il video serviva a evidenziare la gravità della situazione familiare. Un’altra precisazione fondamentale che Pravadelli ha voluto fornire all’Adnkronos riguarda la sua residenza. La donna ha smentito la circostanza riportata da alcune testate secondo cui lei vivesse a Milano al momento dei fatti. Ha sottolineato che lei e Britti vivevano ancora sotto lo stesso tetto, all’interno della casa familiare, al momento in cui si sono verificati gli eventi contestati.

L’origine del procedimento penale e la decisione di fare appello

Nicole Pravadelli ha anche voluto rettificare un’altra notizia, che ritiene inesatta, riguardante l’origine del procedimento penale. Contro ogni ricostruzione che vorrebbe un giudice insospettito, la donna ha affermato che tutto è partito da una denuncia-querela sporta direttamente nei suoi confronti dal signor Britti. Questa precisazione è cruciale per stabilire l’effettiva genesi del processo che ha portato alla sua condanna. Dopo aver attentamente letto le motivazioni della sentenza, Pravadelli ha annunciato l’intenzione di fare appello, un atto che dimostra la sua volontà di opporsi legalmente al verdetto e di difendere la propria posizione. La donna ha espresso profonda amarezza per l’impatto distruttivo che la vicenda sta avendo sulla sua esistenza e, soprattutto, su quella del figlio.

L’impatto sul figlio e l’appello alla stampa

Il cuore della dichiarazione di Nicole Pravadelli è l’appello accorato a tutela della serenità del figlio. La donna lamenta che la notizia venga strumentalizzata continuamente dai media, senza tenere in considerazione che si sta parlando di un bambino di soli 8 anni. Questo minore, sottolinea Pravadelli, ha il sacrosanto diritto a un’infanzia normale e non a essere sbattuto in prima pagina per quello che lei definisce un gossip becerissimo. La madre si sente in dovere di parlare perché le conseguenze di questa narrazione mediatica, spesso basata su menzogne, ricadono dolorosamente su di lei e sul figlio. La sua quotidianità è segnata da una realtà pesante, fatta di sguardi giudicanti da parte di altri genitori nel piccolo quartiere in cui vive. Questa situazione, definita allucinante e insostenibile, è causata dal fatto che la gente si basa su menzogne veicolate dai media per emettere il proprio giudizio. Pravadelli ha aggiunto che l’intera vicenda si inserisce in un contesto di tensioni elevatissime preesistenti. L’intervista si conclude con un forte e chiaro appello alla stampa e all’opinione pubblica: “Chiedo un po’ di pace per me e mio figlio”. La sua richiesta è di mettere fine alla pressione mediatica che sta compromettendo la vita e la crescita serena del bambino.

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Ultimo Aggiornamento: 14/11/2025 20:55

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