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“L’ho uccisa con una mossa”. Femminicidio Maria Campai, la confessione agghiacciante del killer minorenne

Pubblicato: 14/11/2025 19:00

Si è conclusa con una sentenza di condanna una delle vicende più drammatiche e inspiegabili degli ultimi anni, quella relativa al femminicidio di Maria Campai. A poco più di un anno di distanza dal ritrovamento del suo corpo senza vita, la giustizia ha emesso il suo verdetto nei confronti del giovane responsabile, che all’epoca dei fatti era minorenne.

La pena inflitta è di 15 anni e otto mesi di reclusione per il ragazzo, originario di Vladana, in provincia di Mantova. Questa condanna chiude, almeno sul piano processuale, una storia di violenza efferata e premeditata che ha lasciato sgomenta l’intera comunità. La dinamica dei fatti e la fredda ammissione del gesto da parte dell’imputato hanno sollevato interrogativi profondi sulla natura della violenza giovanile e sulla sicurezza negli incontri online.

I tragici dettagli dell’incontro

La vittima, Maria Campai, donna di origini romene ma residente a Parma, aveva conosciuto il suo aguzzino nel settembre del 2024. Il loro contatto era avvenuto attraverso un sito di incontri online, una piattaforma digitale che si è rivelata il luogo virtuale da cui è scaturita la tragedia. Nonostante la differenza di età e il fatto che il ragazzo fosse ancora un minore, l’incontro era stato organizzato, probabilmente con la speranza da parte di Maria di una serata piacevole o di una nuova conoscenza. Il luogo prescelto per l’appuntamento fisico si è rivelato fatale: una villa disabitata situata nelle vicinanze dell’abitazione del presunto killer, a Vladana. È proprio in quel giardino, lontano da occhi indiscreti e in un contesto di abbandono e solitudine, che si è consumato l’atto violento che le ha tolto la vita.

La raccapricciante confessione dell’autore

Ciò che ha reso il caso ancora più agghiacciante è stata la confessione rilasciata dal giovane agli investigatori subito dopo il suo fermo. Le sue parole hanno delineato un quadro di lucida e inquietante premeditazione, svelando un movente che va oltre il comune crimine passionale o d’impeto. «Volevo scoprire cosa si prova a uccidere» sono state le parole che hanno squarciato il velo sulla sua motivazione. Un intento puramente sperimentale, un desiderio di testare i limiti dell’esperienza umana, anche a costo della vita altrui. Il giovane ha poi descritto con precisione glaciale la dinamica dell’omicidio, affermando di aver agito utilizzando una “mossa di wrestling”, un dettaglio che evidenzia come il gesto sia stato compiuto con una certa consapevolezza e determinazione fisica. Questo particolare sottolinea la totale assenza di empatia e il distacco emotivo con cui è stata compiuta l’azione, trasformando un incontro in un raccapricciante esperimento criminale.

Il contesto e le conseguenze della sentenza

La condanna a 15 anni e otto mesi riflette la gravità del crimine, pur tenendo conto della minore età dell’imputato al momento dei fatti. Il sistema giudiziario minorile, pur mirando alla rieducazione, ha dovuto affrontare la brutalità inaudita di un femminicidio compiuto con motivazioni così futili e crudeli. Maria Campai, strappata alla vita in modo così violento e ingiusto, era una donna residente a Parma con le sue radici e la sua esistenza. La sua morte è un ennesimo, doloroso monito sui pericoli che si annidano nel mondo degli incontri online e sulla necessità di maggiore cautela e consapevolezza nelle interazioni con sconosciuti. La sentenza, arrivata a poco più di un anno dal ritrovamento del corpo, rappresenta un punto fermo per la famiglia della vittima, sebbene nessun verdetto potrà mai lenire il dolore per la perdita e la violenza subita. Il caso Campai resterà impresso nella cronaca nera italiana come un esempio drammatico di come la violenza possa emergere anche da contesti inaspettati e con motivazioni inspiegabilmente banali.

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