
Giada Bocellari sorprende il pubblico con la sua apparizione in tv. L’avvocata, solitamente lontana dai riflettori, ha deciso di intervenire nel programma Ore 14 Sera su Rai 2, rompendo il silenzio su uno dei casi più seguiti degli ultimi anni: quello di Alberto Stasi e dell’omicidio di Chiara Poggi. Una partecipazione inaspettata che ha subito acceso la curiosità dei telespettatori e dei social.
Nel corso della puntata, andata in onda giovedì 13 novembre, la Bocellari ha dialogato prima con Milo Infante e poi in un vivace confronto con la criminologa Roberta Bruzzone. Un dibattito intenso che ha riportato il caso Garlasco al centro dell’attenzione mediatica, confermando quanto la vicenda resti ancora oggi divisiva.
Le parole che hanno riacceso il caso
Durante l’intervista, l’avvocata ha rivelato un dettaglio che ha colpito il pubblico: Stasi, oggi detenuto, continua a parlare di Chiara Poggi. “Ancora oggi lo fa, ma sa che è pericoloso per lui”, ha spiegato. “Qualsiasi cosa dica su Chiara potrebbe essere interpretata in maniera negativa”. Parole che sottolineano il peso mediatico e giudiziario che ancora grava sull’uomo condannato in via definitiva.

Descrivendo la personalità del suo assistito, Bocellari lo ha definito la persona “più intelligente” che conosca, “lucido, orientato”, “molto razionale” e con “tanta forza interiore”. Secondo la legale, la famiglia gli ha trasmesso “tanti valori” che gli hanno permesso di affrontare anni difficili tra processi e carcere. Tuttavia, ha ammesso con franchezza: “non è molto simpatico”. Un tratto di carattere che, insieme alle foto in cui appariva con “occhi di ghiaccio”, avrebbe contribuito, a suo dire, alla “costruzione del mostro” nell’opinione pubblica.
Un errore d’indagine e un processo mediatico

Riguardo alle indagini che portarono alla condanna, Bocellari ha parlato di “errore macroscopico” da parte degli inquirenti, accusandoli di “essersi innamorati di una tesi” e di non aver approfondito altre piste. “La vita di Stasi è stata scandagliata a 360 gradi”, ha ricordato, “ma il suo alibi non è stato verificato in modo adeguato”. Secondo la legale, se ciò fosse accaduto, “probabilmente non sarebbe nemmeno stato rinviato a giudizio”.

Infine, l’avvocata ha ammesso di aver compreso solo col tempo il peso del racconto mediatico sul caso. “All’inizio pensavo che i processi si facessero solo nelle aule di tribunale”, ha detto. Ma la realtà, secondo lei, è stata diversa: “Stasi è andato a processo già da condannato”, travolto dal giudizio dell’opinione pubblica che ha segnato profondamente tutta la vicenda.


