
Nel cuore dell’Europa si consuma una delle partite più delicate degli ultimi anni, una sfida nella quale diplomazia, finanza e politica si incrociano in un equilibrio sempre più fragile. In un clima segnato da incertezze economiche e tensioni geopolitiche, l’Unione Europea è chiamata a trovare soluzioni rapide per sostenere un alleato sotto assedio, mentre le strutture istituzionali si confrontano con limiti giuridici e responsabilità che non possono essere ignorati.
Il sostegno all’Ucraina non è solo un tema di politica estera, ma anche un banco di prova per la credibilità delle istituzioni comunitarie e per la loro capacità di rispondere alle emergenze senza mettere a rischio la stabilità finanziaria europea. È in questo contesto complesso che si inserisce lo scontro istituzionale emerso nelle ultime ore.
Leggi anche: “Putin lo farà. Preparatevi!”. Zelensky spaventa l’Europa, cos’ha detto
La Bce respinge le richieste della Commissione
Secondo quanto riportato, la Banca centrale europea avrebbe rifiutato di garantire un pagamento da 140 miliardi di euro destinato all’Ucraina, respingendo così il fulcro del piano europeo per finanziare un “prestito di riparazione” fondato sui beni russi congelati. Una decisione che, stando a più funzionari citati, rappresenterebbe un grave ostacolo alla strategia di Bruxelles.
La Bce ritiene infatti che l’operazione ipotizzata violerebbe il proprio mandato, introducendo rischi e responsabilità incompatibili con il ruolo dell’istituzione. A essere al centro del dibattito sono gli asset della banca centrale russa bloccati presso Euroclear, il grande depositario belga di titoli coinvolto nella gestione dei fondi immobilizzati.

Il nodo Euroclear e il maxi-prestito europeo
Il rifiuto complica ulteriormente il progetto europeo di raccogliere il maxi-prestito basato sugli asset russi congelati, in un momento in cui Bruxelles è sotto crescente pressione per assicurare all’Ucraina risorse essenziali. Il paese, infatti, affronta una grave carenza di liquidità, nuove offensive russe e un quadro diplomatico in movimento, anche in relazione alle iniziative sostenute da Washington.
La Commissione europea aveva previsto che gli Stati membri fornissero garanzie pubbliche, ma secondo diversi funzionari sarebbe impossibile reperire fondi tempestivamente in caso di emergenza. Da qui la richiesta — poi respinta — di utilizzare la Bce come prestatore di ultima istanza per Euroclear Bank, garantendo la copertura totale del prestito in caso di mancato rimborso.
Il veto del Belgio e le divisioni interne all’Ue
Il quadro si complica ulteriormente per l’opposizione del Belgio, che teme che, qualora i beni russi venissero scongelati e restituiti a Mosca, Euroclear non avrebbe la capacità di rimborsarli. Da qui la posizione netta del premier Bart De Wever, che ha definito il piano “fondamentalmente sbagliato” e ha chiesto garanzie legali e irrevocabili da parte degli altri 26 Stati membri prima del vertice del 18 dicembre.
De Wever ha inoltre ricordato che le sanzioni contro la Russia devono essere rinnovate ogni sei mesi all’unanimità, un processo che vede la resistenza di diversi Paesi, tra cui Ungheria, mettendo ulteriormente a rischio la stabilità dell’intero meccanismo sanzionatorio.

Bruxelles cerca soluzioni alternative
Dopo il no della Eurotower, Bruxelles si è rimessa al lavoro per individuare percorsi alternativi in grado di assicurare all’Ucraina l’afflusso di liquidità necessario nei prossimi due anni. Al momento l’Unione Europea ha congelato 210 miliardi di euro di beni russi, ma il loro utilizzo resta un terreno minato, sia dal punto di vista politico sia da quello giuridico.
La complessità della vicenda evidenzia quanto la gestione degli asset russi sia diventata un nodo cruciale nella strategia europea, e quanto le istituzioni si trovino strette tra la necessità di sostenere Kiev e l’obbligo di non oltrepassare i confini del proprio mandato.
Il confronto resta aperto, mentre l’Europa continua a cercare un equilibrio tra solidarietà internazionale, sicurezza finanziaria e coesione interna. Una partita che si annuncia ancora lunga e carica di incognite, con l’Ucraina che guarda a Bruxelles in attesa di risposte concrete.


