Vai al contenuto

Famiglia nel bosco, spunta un altro caso: bambini allontanati dai genitori da 47 giorni

Pubblicato: 02/12/2025 18:50

La delicata vicenda di una famiglia che aveva scelto di vivere in modo non convenzionale, lontano dagli standard cittadini e in un contesto boschivo nella zona di Caprese Michelangelo, tra le colline toscane in provincia di Arezzo, ha recentemente riacceso il dibattito pubblico sul ruolo dei servizi sociali e dei tribunali dei minori.

Il caso, emerso dopo la simile situazione di una famiglia nel bosco a Palmoli (Chieti), vede come protagonisti una coppia, Harald, perito elettronico originario di Bolzano, e Nadia, di nazionalità bielorussa, ai quali sono stati allontanati i due figli, di otto e quattro anni, da ben quarantasette giorni. I bambini sono stati trasferiti in una comunità protetta, sollevando un’ondata di preoccupazione e interrogativi sulle motivazioni profonde e le modalità di esecuzione di un provvedimento così drastico. La scelta di vita dei genitori, incentrata su una quotidianità a contatto con la natura, la decisione di optare per la scuola parentale (homeschooling) e la presunta mancata esecuzione di tutti gli obblighi vaccinali per i minori, sono gli elementi che sembrano aver innescato l’intervento delle autorità.

I motivi del provvedimento di allontanamento

Secondo quanto riportato dal quotidiano ‘La Verità’ e discusso anche in un servizio televisivo della trasmissione ‘Fuori dal Coro’ su Rete 4, il Tribunale per i Minorenni di Firenze, con un decreto firmato dalla giudice Nadia Todeschini, ha disposto l’allontanamento dei bambini. Le contestazioni principali mosse ai genitori riguarderebbero la mancata corretta esecuzione della procedura burocratica necessaria per l’insegnamento parentale, un’opzione educativa legittima in Italia ma sottoposta a specifiche normative. Un altro punto cruciale di contestazione sarebbe l’aver impedito ai servizi sociali di effettuare i controlli sanitari sui bambini, un aspetto che il Tribunale avrebbe interpretato come un ostacolo alla vigilanza sul benessere psico-fisico dei minori. È fondamentale sottolineare che il provvedimento non sembra essere legato a una conclamata condizione di maltrattamento fisico o abbandono, ma piuttosto a una presunta inidoneità genitoriale basata su scelte educative, sanitarie e procedurali percepite come non conformi o ostative al controllo istituzionale. La famiglia, infatti, aveva scelto di lasciare la Val Badia, dove per dieci anni avevano gestito un albergo, per cercare una vita più tranquilla e autosufficiente in Toscana.

La dinamica dell’esecuzione del decreto

La narrazione fornita dai genitori sul giorno dell’allontanamento, il 16 ottobre scorso, è particolarmente drammatica e ha ricevuto una forte eco mediatica grazie alla diffusione di immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza della casa. Il racconto del padre, Harald, descrive una vera e propria operazione di forza. Secondo la sua testimonianza, la notifica del provvedimento sarebbe stata utilizzata come una trappola. Due carabinieri avrebbero inizialmente richiesto la presenza di entrambi i genitori per la notifica di un atto importante. Una volta che il padre è uscito per aprire il cancello, sono spuntati più di dieci agenti in tenuta antisommossa dal bosco, affiancati da un altro gruppo che ha circondato l’abitazione, impedendo ai genitori di rientrare. Le immagini, trasmesse dalla televisione, mostrano chiaramente l’intervento congiunto di assistenti sociali e forze dell’ordine per eseguire il provvedimento. Il momento più straziante, riferito dal genitore e visibile nel video, è quando il padre ha gridato al figlio più grande di non aprire la porta di casa; in risposta, un ispettore capo avrebbe minacciato di sfondare la porta se non fosse stata aperta. Il figlio maggiore, pensando fosse il padre a richiederlo, ha aperto, e l’agente avrebbe spinto la porta con forza. I bambini sono stati portati via in uno stato di forte agitazione, urlanti, con il più piccolo prelevato addirittura in pigiama e senza scarpe.

Il dramma dei genitori e la questione legale

La madre, Nadia, ha espresso un dolore insopportabile, riassunto nella frase, “Ci hanno ucciso”. Il dramma della coppia è amplificato dalla totale assenza di notizie sui figli da quarantasette giorni al momento della dichiarazione, un periodo che ha incluso anche i compleanni dei bambini, ignorati senza nemmeno una telefonata. Questo prolungato silenzio e la mancanza di contatti hanno ulteriormente distrutto i genitori, che continuano a interrogarsi sul male che avrebbero commesso per meritare un trattamento del genere. Il padre, in particolare, ha mosso un’importante contestazione di natura legale: egli afferma di aver denunciato tutti poiché il decreto di allontanamento che gli è stato mostrato e che si è rifiutato di ritirare, era privo della firma in calce del giudice. Questa presunta anomalia procedurale solleva un ulteriore e grave interrogativo sulla legittimità e sulla correttezza formale dell’atto che ha portato all’allontanamento forzato dei loro figli. La famiglia, che aveva cercato solo un po’ di tranquillità, si ritrova ora a lottare con tutte le sue forze per recuperare i figli e per vedere riconosciuta la sua integrità familiare di fronte a un’azione giudiziaria e sociale percepita come eccessiva e distruttiva. La vicenda si configura come un complicato incrocio tra diritto all’educazione, libertà di scelta genitoriale, obblighi sanitari e il cruciale ruolo di tutela esercitato dalle istituzioni.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure