
L’inchiesta sul delitto di Garlasco, che vide la tragica morte di Chiara Poggi, è nuovamente sotto i riflettori con l’indagine che vede coinvolto Andrea Sempio. Gli investigatori, coordinati dalla procura di Pavia, hanno ripreso in mano il caso con sei punti centrali che, a loro avviso, rafforzano l’accusa contro Sempio. Nonostante la prova scientifica del DNA sia fondamentale, il movente rappresenta l’elemento cruciale su cui gli inquirenti confidano per costruire un quadro accusatorio solido. Il dibattito tra accusa e difesa è acceso e si concentra sull’interpretazione delle prove scientifiche e circostanziali, ma la convinzione degli investigatori è che il cerchio si stia stringendo attorno al trentasettenne.
Il DNA sulle unghie della vittima: una prova scientifica controversa
La prova più centrale e discussa è senza dubbio il DNA maschile trovato sulle unghie di Chiara Poggi nel 2014, i cui risultati dell’incidente probatorio sono stati comunicati dalla perita del Tribunale, Denise Albani. I test indicano una corrispondenza tra il cromosoma Y di quel materiale genetico e la linea maschile della famiglia Sempio, confermando i precedenti esami della Procura. Questo dato è ritenuto dagli inquirenti la traccia lasciata dall’assassino durante l’aggressione. Tuttavia, la difesa di Andrea Sempio, rappresentata dagli avvocati Liborio Cataliotti e Angela Taccia, non contesta la corrispondenza genetica in sé, ma la sua interpretazione. Sostengono che si tratti di un trasferimento secondario di materiale genetico e non del segno diretto del killer. Secondo la genetista Marina Baldi e Armando Palmegiani, il campione sarebbe minimo, inferiore alle quantità tipicamente rilevate in contesti di aggressione violenta. L’ipotesi difensiva è che il DNA possa essere arrivato sulle unghie della vittima tramite un oggetto toccato in precedenza da Sempio, come il telecomando della Playstation o addirittura i residui di uno starnuto rimasti sul pavimento su cui il corpo di Chiara fu trascinato.
Lo scontrino del parcheggio di Vigevano: un alibi sotto esame
Un altro elemento d’indagine riguarda il ticket del parcheggio di Vigevano, che Andrea Sempio fornì ai carabinieri nel 2008. Secondo l’accusa, Sempio non si sarebbe mai recato nella cittadina ducale quella mattina, rendendo lo scontrino un falso alibi. L’indagato, nelle sue dichiarazioni e interviste, ha sempre sostenuto la veridicità della sua versione, confermata anche dai suoi familiari. Nonostante ciò, anche i suoi difensori riconoscono che il ticket non costituisca un alibi dirimente per il delitto in sé. È interessante notare come questo scontrino avesse avuto un peso nell’archiviazione precedente del 2017, ora oggetto di indagine da parte dei pm di Brescia. Sempio stesso ha espresso rammarico per la mancata verifica delle telecamere da parte dei carabinieri di Vigevano nel 2008, che a suo dire avrebbero potuto dimostrare la sua presenza in loco.
Le telefonate a casa Poggi: chiamate misteriose prima del delitto
Le telefonate effettuate da Andrea Sempio all’abitazione dei Poggi nei giorni precedenti l’omicidio sono un punto caldo dell’inchiesta. Interrogato nel 2007 e nel 2008, Sempio fornì diverse spiegazioni: in un caso, sostenne di aver chiamato per sapere se l’amico Marco Poggi fosse in casa, non ricordando che si trovava in montagna; in altri, dichiarò di aver semplicemente sbagliato numero, confondendo il fisso con il cellulare. La traccia di queste chiamate esiste solo sui tabulati dei Poggi, in quanto all’epoca non vennero acquisiti i tabulati di Sempio. Questa versione è stata mantenuta dall’indagato anche nell’interrogatorio del 2017.
L’impronta “33” sul muro: rilevanza e sovrapposizioni
L’impronta “33”, trovata sul muro delle scale che conducono al seminterrato, rappresenta una delle poche carte scoperte dagli inquirenti in questi mesi. Sebbene nelle prime indagini fosse stata classificata come “non utile per un confronto”, i pm di Pavia, supportati da una consulenza del RIS dei Carabinieri, ritengono che sia utilizzabile e, soprattutto, che presenti 15 “minuzie” sovrapponibili a quelle di Andrea Sempio. Lo scontro tra consulenze tecniche è già avvenuto su questo aspetto. Per la difesa di Sempio, con gli esperti Luciano Garofano (che ha poi rinunciato all’incarico) e Luigi Bisogno, l’impronta rimane non attribuibile, e le minuzie evidenziate dal RIS sarebbero semplici “segni nell’intonaco”.
Il movente del delitto: la chiave dell’accusa
Il movente è l’elemento che gli inquirenti considerano la potenziale chiave di volta dell’accusa e che rimane per ora coperto dal segreto delle indagini. Nonostante Andrea Sempio abbia sempre sostenuto che la sua conoscenza con Chiara Poggi fosse limitata a semplici saluti e che i due non si frequentassero, gli investigatori sono fiduciosi di aver individuato un possibile legame tra la vittima e il presunto assassino. L’assenza di un “link” diretto tra i due è sempre stata uno degli argomenti più forti dei legali di Sempio per sostenerne l’innocenza, ma il ritrovamento di questo nuovo elemento potrebbe cambiare radicalmente il quadro.
L’inchiesta di Brescia: possibile corruzione nelle indagini del 2017
Sebbene le indagini di Pavia e Brescia siano tecnicamente separate e possano avere destini diversi, l’inchiesta aperta a Brescia getta un’ombra significativa sul contesto. L’oggetto dell’indagine bresciana è la presunta corruzione che avrebbe portato alla rapida archiviazione dell’indagine a carico di Sempio nel 2017. Sono indagati il padre di Andrea, Giuseppe Sempio, e l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti. Qualora venisse dimostrata un’azione corruttiva, con i Sempio che avrebbero pagato per una rapida chiusura, il quadro complessivo potrebbe diventare più pesante anche per Andrea. Su questo punto, l’indagato e i suoi familiari hanno sostenuto davanti agli inquirenti bresciani che i soldi versati fossero stati richiesti dagli allora tre legali (Soldani, Grassi e Lovati) per le spese di difesa, i quali avrebbero chiesto il pagamento solo in contanti. L’ex magistrato Mario Venditti ha negato qualsiasi ipotesi di corruzione, definendo l’inchiesta “basata sul nulla” e ribadendo la sua “massima fiducia” nella sua squadra di polizia giudiziaria di Pavia. Nonostante ciò, le indagini a Brescia sono solo all’inizio e potrebbero avere importanti ripercussioni sul caso principale.


