
Cos’è l’attacco preventivo che la Nato starebbe valutando nei confronti della Russia? A parlarne è stato l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone in un’intervista al Financial Times, spiegando che «stiamo studiando tutto sul fronte informatico, siamo in un certo senso reattivi. Essere più aggressivi o proattivi invece che reattivi è qualcosa a cui stiamo pensando». Il riferimento è al campo della “prevenzione e deterrenza”, soprattutto contro cyber-attacchi, intrusioni di droni e campagne di disinformazione. Dichiarazioni che hanno provocato un’immediata tensione politica a Roma: secondo ricostruzioni, il governo avrebbe chiesto all’Alleanza Atlantica «Smentirete?». La risposta dell’ammiraglio sarebbe stata secca: «no».
La strategia Nato e il concetto di proattività
L’idea di un attacco preventivo nasce da un’esigenza di deterrenza, considerando che – secondo l’Alleanza – il Cremlino avrebbe già messo in campo diverse forme di intrusione digitale e non solo. L’approccio proattivo, in questo quadro, assume una logica difensiva: «prevenire è meglio che curare». Come riportato da varie fonti, la Nato intende agire su tre assi principali. Il primo è la cyber-sicurezza, con la paura che un massiccio attacco informatico possa paralizzare infrastrutture cruciali come telecomunicazioni, trasporti e ospedali. Da qui l’idea di individuare le origini degli hackeraggi e neutralizzarle con una sorta di “contro-hackeraggio”.
Opinione pubblica, spazio aereo e droni
Il secondo pilastro riguarda la manipolazione dell’opinione pubblica, tema particolarmente delicato in vista delle numerose elezioni previste nei prossimi mesi nei Paesi membri. L’obiettivo sarebbe bloccare alla radice tentativi di influenzare la vita democratica occidentale. Il terzo fronte coinvolge lo spazio aereo dell’Alleanza, spesso violato da droni russi o bielorussi, come l’ultimo episodio in Lituania. Per gli Stati che non confinano direttamente con la Russia, la procedura è relativamente semplice: il drone può essere abbattuto prima che oltrepassi lo spazio internazionale. Nei Paesi di confine, invece, verificare la rotta diventa essenziale. Se è parallela al confine, l’intrusione può essere ignorata; se è perpendicolare e diretta verso il territorio europeo, si interviene immediatamente.
Le reazioni politiche e il rischio escalation
Le parole di Cavo Dragone hanno provocato irritazione nella Lega, che in una nota ha condannato i toni «bellici» sostenendo che «gettare benzina sul fuoco… alimenta l’escalation». Il governo, invece, mantiene il silenzio, anche perché la maggioranza è chiamata a votare il decreto che garantisce copertura giuridica all’invio di armi all’Ucraina per tutto il 2026. Una fonte governativa ha osservato che «non si parla di certe cose. Se serve, si fanno». Un riferimento alla necessità di muoversi senza clamore, soprattutto mentre è in corso la trattativa per un piano di pace che definisca le garanzie di sicurezza per Kiev senza però favorire un nuovo pretesto per Mosca.


