
Nel cuore della notte, nel carcere di Milano Opera, è andata in scena una fuga che ha fatto tremare l’intero sistema penitenziario. In un istituto considerato tra i più blindati del Paese, un uomo ha forzato i confini ritenuti invalicabili, aprendo un varco non solo nelle mura ma nelle certezze di un settore già provato da sovraffollamento, carenze strutturali e un personale allo stremo. Il clamore non nasce solo dall’evasione in sé, ma dal modo in cui è avvenuta: semplice, silenziosa, quasi artigianale, eppure devastante nella sua evidenza. Una scena che sembra scritta per il cinema, ma che in realtà racconta una fragilità che da anni viene denunciata senza che nessuno riesca davvero a intervenire.
Solo nelle ore successive si è saputo chi era riuscito a fuggire: un detenuto albanese di 41 anni, con una fine pena fissata al 2048, condannato dunque a un percorso lungo quasi altri venticinque anni. L’uomo è scappato nel modo più tradizionale possibile, segando le sbarre della finestra della sua cella e calandosi con lenzuola annodate. Una tecnica d’altri tempi, che però ha funzionato. Restano enormi interrogativi su come sia riuscito ad allontanarsi oltre la cinta muraria, se abbia avuto appoggi esterni e quali controlli siano mancati nelle ore decisive. Intanto le ricerche della Polizia penitenziaria e delle altre forze dell’ordine proseguono senza sosta.
Opera scoppia: numeri che parlano da soli
I dati dell’istituto milanese raccontano una realtà difficile da sostenere: 1.338 detenuti a fronte di 918 posti disponibili, un tasso di affollamento del 153%, gestito da soli 533 agenti. Ne mancano almeno 278 per raggiungere una soglia minima definita “accettabile”. Turni massacranti, diritti compressi e un clima di tensione continua rendono l’istituto un luogo ormai vicino al limite operativo. Secondo il segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, Gennarino De Fazio, questa fuga è soltanto l’ennesima prova di un sistema in affanno, dove l’assenza di un progetto strutturale si traduce in toppe continue che non reggono più.
Il problema, però, non riguarda solo Opera: in Italia i detenuti sono 63.690, mentre i posti realmente utilizzabili si fermano a 46.199. Mancano 20mila agenti, una forbice che si allarga ogni anno, mentre le strutture continuano a deteriorarsi e la popolazione carceraria aumenta. Per il sindacato servono interventi immediati: ridurre la densità detentiva, potenziare gli organici, modernizzare edifici che “si sgretolano”, introdurre tecnologie, migliorare l’assistenza sanitaria e avviare finalmente una riforma organica del sistema. Una richiesta che sembra urgente quanto le ricerche dell’evaso, mentre la sua fuga diventa simbolo di un comparto che sta in piedi solo grazie alla buona volontà degli operatori e non per una strategia istituzionale adeguata.


