
Il Tribunale di Torino, Prima Sezione Civile, ha accolto il ricorso presentato dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi)e sostenuto da numerose realtà del terzo settore, pronunciando una condanna nei confronti di Vittorio Feltri per molestia discriminatoria fondata su motivi di nazionalità, etnia e religione. Al centro della decisione ci sono le frasi pronunciate dal giornalista durante la trasmissione radiofonica La Zanzara, andata in onda il 28 novembre 2024, quando Feltri aveva commentato le proteste seguite alla morte del giovane egiziano Ramy Elgaml a Milano.
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Le espressioni utilizzate in quell’occasione, giudicate offensive e lesive della dignità delle persone, sono state considerate non compatibili né con i limiti della libertà di espressione né con il carattere satirico del programma. Assistita dagli avvocati Anna Brambilla, Marta Lavanna e Alberto Guariso, Asgi ha sostenuto che le frasi costituissero una violazione evidente dei diritti fondamentali. Il giudice Ludovico Sburlati ha accolto integralmente le richieste della ricorrente, condannando Feltri a risarcire l’associazione con 20 mila euro e a pubblicare la sentenza sul Corriere della Sera.

Le parole pronunciate alla Zanzara
L’episodio contestato trae origine da un’intervista rilasciata al programma di Radio24, condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo. Interrogato sui fatti avvenuti nel quartiere Corvetto di Milano, dove era morto Ramy Elgaml, Feltri aveva espresso giudizi particolarmente duri. Il giornalista aveva affermato di non frequentare le periferie perché “piene di extracomunitari” e aveva rivolto ulteriori attacchi alla comunità musulmana.
Nel corso del dialogo erano seguite dichiarazioni che avevano destato scandalo, tra cui l’affermazione di voler sparare ai musulmani e la definizione degli stessi come “razze inferiori”. Queste parole avevano già portato alla sospensione di Feltri da parte dell’Ordine dei giornalisti e a una precedente sanzione da AGCOM, che aveva punito Radio24, produttore del programma, con una multa di 150.000 euro.
La decisione del giudice Sburlati
Il giudice Ludovico Sburlati ha ritenuto non rilevante la difesa di Feltri, basata sul presunto “stile provocatorio, satirico e privo di filtri” del format. La sentenza ha richiamato pronunce della Corte di Cassazione e della Cedu, sottolineando come non possa essere considerata satira quella che non colpisce il potere ma si rivolge a categorie già vulnerabili, alimentando discriminazione e disprezzo.
Secondo il Tribunale, le affermazioni contestate integrano a pieno titolo la molestia discriminatoria, poiché colpiscono interi gruppi identificati per origine e religione. Nella quantificazione del risarcimento, il giudice ha tenuto conto della notorietà di Feltri, del suo ruolo di consigliere regionale in Lombardia, del mezzo di diffusione utilizzato e dell’estensione del pubblico potenzialmente leso. Particolarmente rilevante, nel giudizio sulla gravità della condotta, è stata la frase con cui Feltri aveva proclamato la propria indifferenza alle conseguenze delle sue parole.

La posizione delle associazioni
Le associazioni intervenute nel procedimento — tra cui ARCI, Lunaria, Cambio Passo Onlus e La Casa del Mondo – Adjebadia — hanno accolto la sentenza evidenziando come confermi i limiti della libertà di parola, spesso invocata per giustificare attacchi alla dignità altrui. Nel comunicato diffuso dopo la decisione, le realtà firmatarie hanno ribadito che rientra nella molestia discriminatoria insultare o minacciare persone in base alla provenienza o alla fede religiosa.
La nota conclude con un auspicio: che non sia più necessario ricorrere a sanzioni per stabilire quei confini del linguaggio che dovrebbero appartenere a ogni individuo attento alla costruzione di una società coesa, rispettosa delle differenze e delle libertà fondamentali.


