Negli scorsi giorni, il ricercatore ed esperto di informatica Victor Gevers ha pubblicato su Twitter delle informazioni che hanno scioccato l’opinione pubblica. Le indagini di Gevers hanno, infatti, rivelato l’esistenza di un enorme database facente capo al governo cinese. L’archivio raccoglie dati identificativi e spostamenti di centinaia di migliaia di cinesi, aggiornati in tempo reale. Ma ad essere sorvegliata non è un’area qualunque: si tratta della provincia dello Xinjiang, abitata per la maggioranza da gruppi di religione islamica.
Il sistema di sorveglianza si estende in tutta la regione
A gestire il database sarebbe una società, la SenseNets, che non si sarebbe ancora pronunciata sul fatto. La compagnia è nota per lo sviluppo di tecnologie come il riconoscimento facciale, software per l’intelligenza artificiale e sistemi di identificazione. Ma ad essere coinvolto nel sistema di sorveglianza è anche il territorio della provincia. Le strade sono infatti un reticolo di telecamere e sistemi di monitoraggio, in grado di riconoscere ed identificare automaticamente il volto degli individui. Come se non bastasse, l’enorme database – secondo quanto scoperto da Gevers – non era protetto. I dati raccolti da SenseNets erano, fino a poco tempo fa, completamente esposti, rendendo possibile l’accesso a chiunque.
There is this company in China named SenseNets. They make artificial intelligence-based security software systems for face recognition, crowd analysis, and personal verification. And their business IP and millions of records of people tracking data is fully accessible to anyone. pic.twitter.com/Zaf6w5502i
— Victor Gevers (@0xDUDE) February 13, 2019
Il database farebbe parte di un programma anti-estremismo della Cina
Dietro gli ingenti investimenti fatti dal governo cinese per strutturare un sistema tanto complesso, vi sarebbe un programma di contrasto all’estremismo islamico. La regione dello Xinjiang, infatti, è da tempo oggetto di azioni di controllo e repressione. L’obiettivo dichiarato è quello di controllare l’estremismo islamico e i movimenti politici separatisti. Uno sforzo che il governo cinese ha messo in atto anche istituendo dei “centri di formazione professionale”. I centri – che sembrano assumere sempre più i contorni di veri e propri campi di concentramento– sarebbero destinati principalmente ad individui di religione islamica. La pratica è stata, infatti, denunciata da numerosi paesi esteri, come Turchia e Stati Uniti.

In alto: immagine di repertorio