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Antonella Penati chiede giustizia per suo figlio, ucciso a 9 anni dal padre

Pubblicato: 26/02/2019 16:55

Antonella Penati non voleva assolutamente che suo figlio, Federico Barakat, incontrasse il padre. Anche il bambino era spaventato da lui, un uomo molto violento. Eppure, in nome della bigenitorialità e visto che suo padre aveva denunciato di essere vittima di alienazione genitoriale, ovvero di essere stato allontanato dal suo bambino, vittima di pressioni psicologiche da parte della madre, si decise che i due dovevano avere la possibilità di incontrarsi. Così, durante un incontro protetto, il 25 febbraio 2009, Mohamed Barakat spezzò la vita di suo figlio Federico, uccidendolo con 30 coltellate e, subito dopo, si tolse la vita. Da allora, la madre di Federico Barakat chiede giustizia per suo figlio, non avendola ottenuta in Italia, si è rivolta alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

Aveva promesso di uccidere Federico

Mohamed Barakat quando ha conosciuto Antonella Penati era una persona normale: gentile, intelligente, un affascinante archeologo, così lo descrive lei. Poi, dopo una forte depressione, l’uomo aveva iniziato a essere molto violento. Come ha riferito al Corriere della sera, Antonella Penati si era rivolta alle istituzioni in modo che lei e suo figlio venissero tutelati da lui che si era trasformato in un’altra persona.

Chi si è occupato del suo caso non ha però ascoltato le richieste della madre di Federico Barakat che aveva chiesto espressamente che il bambino non incontrasse il padre: era così violento che persino il bambino aveva paura di stare con lui. L’uomo aveva anche minacciato Antonella giurandole che avrebbe ucciso il loro bambino. Purtroppo, gli assistenti sociali preferirono che il padre avesse la possibilità di incontrare il suo figlioletto di 9 anni, anche alla luce della denuncia che l’uomo aveva avanzato: aveva detto di essere vittima di alienazione genitoriale e quindi di essere stato allontanato dal suo bambino da Antonella Penati stessa che aveva fatto pressioni psicologiche indirette sul piccolo, mettendo di fatto il padre in cattiva luce, e inducendo suo figlio a non volerlo incontrare.

Antonella Penati chiede giustizia per suo figlio, ucciso a 9 anni dal padre violento durante un incontro protetto
Il piccolo Federico Barakat. Foto: Facebook Antonella Penati

Di contro, le richieste di Antonella Penati furono giudicate esagerate e venne definita una madre “alienante e ipertutelante“. La madre di Federico però sapeva che il pericolo cui andava incontro il suo bambino stando insieme al padre era reale, non frutto della sua iperprotettività: “Avevo chiesto aiuto mille volte, avevo firmato denunce. Ero andata da tutti. Tutti. Assessori, assistenti sociali, carabinieri, psicologi, avvocati, giudici. Avevo detto a tutti quanti la stessa cosa: ‘vi supplico, non fate incontrare Federico con suo padre, gli farà del male, ci ha minacciati, mi ha promesso di ucciderlo, il piccolo ha paura di lui…‘ Niente. Non mi hanno creduta, e guarda com’è finita…“. Si decise così che il piccolo Federico Barakat avrebbe potuto incontrare suo padre, ma solo in situazioni protette, cosa che purtroppo non bastò ad evitargli la morte. Durante uno di questi incontri protetti, Federico Barakat venne ucciso con 30 coltellate dal padre che subito dopo si tolse la vita. E proprio le tutele che il bambino avrebbe dovuto avere durante questi incontri protetti rappresentano il fulcro della vicenda giudiziaria che gira intorno alla morte del piccolo Federico Barakat. Antonella Penati si è così espressa in merito: “Incontro protetto: si rende conto di quanto mi faccia inc… anche solo quest’espressione? Prima di uccidersi quel mostro gli ha dato più di 30 coltellate, il mio piccolino è rimasto agonizzante per 57 minuti“.

Antonella Penati vuole ottenere giustizia per suo figlio

Nel vortice di pensieri colmi di dolore che una madre può avere dopo la morte di suo figlio, Antonella Penati davanti alla bara del suo bambino pensò solo una cosa: “Ce l’ho davanti agli occhi, nella sua bara bianca. Ricordo che aveva le manine tagliate perché aveva provato a difendersi, povera creatura. L’ho abbracciato forte e gli ho fatto una promessa: ‘Ti darò giustizia amore mio‘. Sono passati dieci anni e adesso mi aspetto che almeno un briciolo di quella giustizia arrivi da Strasburgo, visto che dall’Italia non è arrivato niente“. Le tre persone che dovevano vigilare su quell’incontro protetto sono state assolte anche in Cassazione. Secondo quanto sostenuto dalla Corte, non spettava a loro vigilare sull’incolumità fisica di Federico Barakat, il loro ruolo era circoscritto all’aspetto educativo e sociale.

Antonella Penati chiede giustizia per suo figlio, ucciso a 9 anni dal padre violento durante un incontro protetto
Il piccolo Federico Barakat. Foto: Facebook Antonella Penati

Alla luce della gravità dell’accaduto, secondo Antonella Penati le cose non stanno così: “Invece io credo che la tutela della vita gliela dovessero“. Così, sostenuta dai suoi legali, Bruno Nascimbene e Federico Sinicato, e dall’associazione Unione donne italiane, nel 2016 è partito il ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo sulla sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di Cassazione e tra poco tempo dovrebbe esserci un responso. Antonella Penati chiarisce che la sua battaglia legale non ha niente a che vedere con il possibile risarcimento che potrebbe ottenere nel caso in cui il suo ricorso venisse accolto, quello che le interessa è mantenere la promessa di giustizia fatta al figlio Federico Barakat sopra la sua bara.

La donna spera che in quella sede vengano riconosciute le responsabilità di chi doveva vigilare su quell’incontro protetto nell’Asl di San Donato Milanese e invece non l’ha fatto, facendo rimanere suo figlio di 9 anni agonizzante per 57 minuti dopo le coltellate ricevute dal padre. La donna non ha potuto evitare la morte del suo bambino perché nessuno le ha prestato ascolto, ma adesso lotta affinché vengano protetti tutti i bambini che vivono in situazioni non idonee alla loro crescita. Con l’associazione Federico nel cuore, Antonella Penati adesso aiuta i bambini vittime di violenza e che vivono in una condizione di disagio, diffondendo consapevolezza sulla necessità di prestargli ascolto. Il suo Federico aveva paura ad incontrare il papà e l’aveva detto chiaramente, come ha spiegato anche sua madre: “Se dieci anni fa lo avessero ascoltato, adesso Federico sarebbe ancora qui“.

Ultimo Aggiornamento: 26/02/2019 17:14