L’accordo coi Cinesi sembra prendere forma dopo le ultime dichiarazioni del Premier Conte. Un dialogo iniziato col governo Gentiloni nel 2017 che ha, però, dei pro e dei contro. Il progetto infrastrutturale che comprende porti, linee ferroviarie, strade e non solo, anche corridoi marittimi, sembra prendere piede ma ovviamente la ribattezzata “Via della Seta” non è una strada facile da percorrere. Conte mantiene la propria posizione secondo la quale l’accordo con la Cina non nasconda nulla di pericoloso o vago. L’America ammonisce l’Italia riguardo ai rischi, così come l’UE ci invita a non firmare un accordo che contribuirebbe ad una penetrazione cinese che si fa sempre più insistente. Ma cos’è davvero la Via della Seta? Chi ci guadagna?
Le condizioni della Via della Seta
L’accordo viene presentato sulla logica del “win-win“: una modalità con la quale entrambe le parti firmatarie ottengono dei benefici. Prendendo ad esempio alcuni paesi che hanno aderito, gli investimenti riguardano soprattutto infrastrutture come ferrovie o porti che favoriscano il commercio. I contorni, però, sembrano essere poco trasparenti: sembra che Pechino voglia avere voce in capitolo nella politica nazionale dei Paesi nei quali investe. Per ora i paesi europei coinvolti sono solo tre (Ungheria, Grecia e Portogallo) e con ruoli marginali all’interno dell’Unione. Nel caso dell’Italia, trattandosi della terza economia all’interno dell’Unione, il discorso cambierebbe: entrerebbero in gioco equilibri come gli accordi con l’America. O, per esempio, si andrebbe contro alle stesse necessità dell’Unione Europea che da tempo cerca di contrastare l’espansione cinese all’interno del Continente.
Pro e contro dell’accordo
Conte spiega che il Memorandum è un documento che non vincola l’Italia in nessun modo e che sembra scritto per rispettare il ruolo del paese all’interno della NATO e che protegge gli accordi con l’America. Precisa inoltre che non vede rischi all’orizzonte e che questa può essere un’opportunità per attrarre nuovi investitori esteri nel nostro paese. Per il momento sembra esserci più un interesse che una reale convinzione nel procedere. A livello politico, però, questo dialogo con la Cina può risultare un’arma a doppio taglio per l’Italia: Washington minaccia di non collaborare più con l’intelligence italiana e Silvio Berlusconi parla di rischio, di sfida politica e commerciale: “Oltre alla guerra commerciale, ricordiamoci che la Cina ha messo le mani sull’Africa, sono padroni dell’Oceano indiano e mezzo oceano Pacifico. C’è un progetto di egemonia globale che mette a rischio la nostra cultura“. L’Italia continua il proprio dialogo con la Cina e resta alla finestra, in attesa di sviluppi sulla faccenda.