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Leoni allevati per essere cacciati: verità shock sulle fattorie in Sudafrica

Pubblicato: 04/05/2019 15:31

Oltre 12mila leoni allevati in cattività per poi essere uccisi da cacciatori dilettanti o macellati per venderne le ossa sul mercato asiatico. È un’autentica industria di carne felina, quella rivelata da Lord Ashcroft su The Mail di domenica scorsa. L’uomo d’affari inglese, membro del Partito Conservatore, ha condotto accurate investigazioni per un anno intero, documentando il crudele destino di molti leoni in Sudafrica.

I leoni in Sudafrica: re della savana o del recinto?

Il Sudafrica è l’unico stato al mondo che permette l’allevamento di leoni su larga scala. Oltre 200 fattorie confinano i maestosi animali in aree recintate e li crescono per il divertimento di turisti e “cacciatori”. Lo sfruttamento dei cuccioli ha inizio fin dai primi giorni di vita, quando vengono strappati dalle loro madri per diventare tenere attrazioni pelose per i turisti. Una volta cresciuti e diventati troppo pericolosi per essere avvicinati, la loro nuova casa una riserva di caccia sudafricana, secondo luogo coinvolto nell’infernale business.

“Vincere facile” nelle battute di caccia

Entrano così in scena i benestanti gentlemen americani e inglesi, disposti a tutto pur di esporre gloriosamente nel loro salotto teste o pelli di leoni quali trofei di caccia. In base alla loro disponibilità economica e alle caratteristiche dell’esemplare desiderato, scelgono il loro bottino da un catalogo online, inviatogli su WhatsApp. I prezzi vanno da 10mila a 42mila sterlineper leone e dipendono dalle dimensioni e dalla qualità della criniera. Una volta selezionato l’esemplare da uccidere, partono per la battuta di caccia sudafricana. Una battuta di caccia fittizia: il leone, vittima predestinata, si trova rinchiuso in un recinto e non può fuggire.

Leone cacciato in Sudafrica
L’esito della caccia è già scritto: il leone non può fuggire (Fonte: Twitter @LordAshcroft)

La caccia illegale ai leoni

A bordo di comode vetture, gli aspiranti cacciatori inseguono la preda dei loro sogni trasgredendo a ogni regola. La legge infatti proibisce questa strategia, a meno che l’inseguimento non avvenga su lunghe distanze o il cacciatore sia anziano o disabile. Casi mai verificatisi nel corso delle indagini di Lord Ashcroft, che denunciano un altro crudele comportamento. Un video riprende un cacciatore inglese nell’atto di lanciare frecce di tranquillanti a un leone, già esausto per l’inseguimento. L’agonia dell’animale si è così protratta finché “lo sghignazzante lavoratore dell’Essex ha sparato alla bestia terrorizzata da dieci metri di distanza”. Secondo la legge sudafricana, si possono trattare i leoni con tranquillanti solo per “scopi veterinari, scientifici o di protezione della specie”; in ogni caso è richiesta la presenza di un veterinario.

Le “eco-fattorie” degli orrori in Sudafrica

Il destino degli esemplari meno maestosi e poco appetibili per i ricchi cacciatori è altrettanto cruento. I leoni vengono detenuti in piccole gabbie in luoghi dall’ironico nome di eco-fattorie. Una volta uccisi, le loro ossa vengono esportate e vendute sui mercati dell’Estremo Oriente, dove sono utilizzate nella medicina tradizionale o addirittura in rimedi afrodisiaci. Le immagini del report parlano da sé: scheletri e interiora di leoni sparsi sul pavimento, pile e pile di sacchi di plastica contenenti le parti del corpo scartate durante il macello. La sanguinolenta industria è redditizia: un chilo di ossa vale 125 sterline, un intero scheletro addirittura 4600 sterline. Con un occhio al portafoglio, il governo sudafricano autorizza la mattanza di leoni per un numero massimo di 800 esemplari l’anno, i cui scheletri vengono per lo più rivenduti in Vietnam. Secondo gli esperti però i numeri di questo traffico sono ben più elevati.

Leone in gabbia
I leoni vengono detenuti in anguste gabbie prima di essere uccisi (Fonte: Lord Ashcroft)

La complicità degli inglesi

“Gli inglesi si divertono in un commercio disgustoso”, denuncia Lord Ashcroft. I trofei di caccia passano infatti il confine britannico senza alcun ostacolo. Ashcroft ha accusato il Governo di essere complice dell’industria degli orrori proprio per il suo fallimento nell’impedire l’importazione di pelli di leone. “Farò pressioni sui Ministri affinché seguano l’esempio di Stati Uniti e Francia e mettano al bando queste importazioni”, promette il filantropo, che ha già inviato una lettera al Segretario per l’Ambiente Michael Gove.

I leoni, una specie da proteggere

Il re della savana è annoverato tra le specie a rischio. Mentre un secolo fa 200mila leoni vivevano in libertà, oggi questo numero si è drasticamente ridotto a 20mila. Ci sono più leoni allevati in cattività nelle eco-fattorie che animali in libertà. L’Associazione South African Predator sostiene che l’allevamento in cattività abbia un ruolo cruciare nella salvaguardia del maestoso felino. Il veterinario Mark Jones, membro di un’associazione per la protezione della fauna selvatica, ribatte: “L’allevamento agevola lo sfruttamento cinico di questi animali a ogni livello per il profitto (…). È allevamento industriale sotto falso nome”.

Fonte dell’immagine in alto: Lord Ashcroft