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Il pm Di Matteo ricorda la vita di Giovanni Falcone: “Calunniato”

Pubblicato: 15/05/2019 17:08

Il pm Antonino Di Matteo che opera all’interno della Direzione Nazionale Antimafia ha ricordato la storia del magistrato Giovanni Falcone, ucciso in un attentato a Capaci il 23 maggio 1992, durante un incontro con i giovani alla Camera organizzato dall’associazione Themis & Metis e dalla vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni. Il sostituto procuratore nel suo discorso ha messo in luce quanto, durante la sua vita, Giovanni Falcone sia stato attaccato anche da chi oggi lo commemora, e come l’attentato in cui morì non sia stato solo di matrice mafiosa. Inoltre, il pm si è soffermato sulla necessità di ricordare la Trattativa stato-mafia.

Giovanni Falcone delegittimato in vita

Il pm Antonino Di Matteo ha raccontato ai ragazzi presenti all’incontro alla Camera come nel corso della sua vita quello che oggi viene celebrato come un eroe dell’Antimafia sia stato più volte screditato anche da chi oggi lo elogia: “Giovanni Falcone in vita venne continuamente delegittimato, calunniato, anche da chi oggi finge senza pudore di onorarne la memoria. La sua storia di uomo e professionista fu costeggiata da ripetute delusioni e sconfitte“.

Il sostituto procuratore ha poi parlato anche dei processi sulla strage di Capaci che hanno visto l’ultimo capitolo chiudersi nel 2017: “I processi celebrati sono stati importanti ed hanno ottenuto risultati non scontati: molti uomini di mafia hanno partecipato a quella strage ma emerge la possibilità – dagli atti e da quanto detto e scritto – che altri estranei a Cosa nostra abbiano partecipato a ideare, organizzare e perfino eseguire l’attentato a Capaci“.

giovanni falcone
Giovanni Falcone

La Trattativa stato-mafia

Dopo aver ricordato Giovanni Falcone e aver sottolineato la necessità di contrastare la mafia equiparando questa battaglia ad una “lotta di liberazione“, il sostituto procuratore Antonino Di Matteo ha poi ricordato come la Trattativa stato-mafia dimostri che la connivenza tra cosche e apparati di potere, politici soprattutto, rappresenti una questione di rilevanza nazionale: “Tanti delitti sono stati realizzati in una perversa logica di convergenza tra interessi mafiosi e interessi esterni alla mafia militare. La mafia ha raggiunto la sua proverbiale potenza grazie alla capacità di coltivare rapporti con la politica. La mafia è da sempre una questione nazionale: pensate alle risultanze del processo Andreotti, 22 volte ministro e 7 volte presidente del consiglio, o alla sentenza che ha definitivamente condannato Dell’Utri come intermediario di un patto realizzato nel 1974 con Silvio Berlusconi e rispettato per anni da entrambi contraenti. Pensate al processo verso l’ex presidente della regione siciliana Totò Cuffaro“.

Solo il 6 maggio, la Procura ha chiesto per l’ex ministro della Democrazia Cristiana Calogero Mannino una pena in secondo grado di 9 anni di carcere. L’ex ministro è accusato di aver attivato una trattativa con le cosche mafiose per salvarsi la vita, era stato infatti individuato come una delle figure da togliere di mezzo proprio dalla mafia. Come ha quindi ricordato ai giovani presenti all’incontro alla Camera il pm Di Matteo, è evidente che parlare della Trattativa stato-mafia sia essenziale per capire il nostro passato e il nostro presente: “Il processo sulla Trattativa attesta che mentre in Italia venivano compiute 7 stragi tra il ’92 e il ’93, c’erano parti delle istituzioni che andavano a chiedere a Riina cosa volesse in cambio per una cessazione dell’attacco allo stato“.

calogero mannino
Calogero Mannino
Ultimo Aggiornamento: 15/05/2019 19:41