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Strage di Capaci: 2 nuovi indagati e l’ombra della mafia americana

Pubblicato: 22/05/2019 12:29

Si aprono nuovi scenari investigativi sulla strage di Capaci, dove morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini di scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. 27 anni dopo l’attentato, due nuovi nomi sono stati iscritti nel registro degli indagati nell’ambito del processo bis sui fatti del 23 maggio 1992. Le rivelazioni di un pentito catanese hanno allargato gli orizzonti d’indagine.

Capaci: due nuovi indagati a 27 anni dalla strage

Nelle maglie del processo ‘Capaci bis’si è innestato il racconto del pentito catanese Maurizio Avola. Il suo nome e quello del boss Marcello D’Agata sono stati iscritti nel registro degli indagati, dopo che il primo si è detto coinvolto nei fatti di Capaci.

Avola si è autoaccusato e ha chiamato in correità D’Agata, uomo di fiducia nella cosca di Benedetto Santapaola. Le dichiarazioni del pentito di Cosa nostra lo posizionano in un ruolo centrale nelle fasi di pianificazione della strage, ancora tutto da verificare ma su cui si sono accesi i riflettori dell’inchiesta.

Le dichiarazioni del pentito Avola

Avola avrebbe rivelato ai pm di aver giocato un ruolo di primo piano nell’organizzazione dell’attentato a Giovanni Falcone. A suo dire, si sarebbe occupato del trasporto dell’esplosivo a Palermo insieme a D’Agata. Ma ci sarebbe dell’altro.

Secondo quanto riportato da Repubblica, infatti, in sede di interrogatorio Avola avrebbe dichiarato che, per portare il piano a compimento, sarebbe stato assoldato “un forestiero” destinato all’addestramento degli stragisti. Si tratterebbe di un esperto di esplosivi statunitense, un artificiere, inviato per quella spedizione di morte direttamente dall’America.

La pista dell’artificiere americano

L’artificiere americano sarebbe arrivato a Palermo nei primi mesi del 1992, per seguire da vicino l’evoluzione del piano. Avola ascrive la figura dello straniero al circuito di malavitosi gravitanti intorno al padrino italoamericano John Gotti, meglio noto come “The Dapper Don” (morto nel 2002), indicando proprio in quest’ultimo il mandante di quell’intervento esterno nella fase preparatoria.

Di questo misterioso esperto inviato dalla mafia americana, di cui il pentito aveva già fatto cenno nel 1994, adesso avrebbe fornito anche un identikit. Parte del tritolo e dei detonatori, secondo le parole di Avola, sarebbero state smistate a Termini Imerese per essere poi destinate a Cosa nostra, il tutto con la supervisione indiretta di Gotti.

Ultimo Aggiornamento: 22/05/2019 12:30