È fissata per il primo luglio la ripresa della caccia delle balene in Giappone, un business che nel Paese del Sol Levante è in declino da anni, ma che il governo è intenzionato a rivitalizzare una pratica che, nonostante facesse parte dell‘International Whaling Commission, non ha mai smesso di praticare.
La caccia delle balene non si è mai arrestata davvero
Una decisione, quella del Giappone, che era già nell’aria e che il governo non si era impegnato nemmeno di nascondere quando ancora faceva parte dell’IWC. Dal primo luglio, il Paese nipponico tornerà a cacciare balene per fini commerciali, dopo aver lasciato lo scorso dicembre la commissione in difesa dei cetacei proprio perché gli altri stati membri del tavolo che tentano di limitare e regolare l’attività di caccia, avevano impedito al Giappone di riprendere la propria.
Una mossa annunciata, anche perché in tutti gli anni in cui Tokyo ha fatto parte dell’IWC, in realtà ha comunque continuato a uccidere balene, nascondendo i massacri riconducendo le morti dei cetacei a ricerche scientifiche di qualche sorta, o appellandosi a leggi in materia di salvaguardia dell’ambiente marino che in realtà lasciano ampio spazio di manovra per aggirarle. In teoria, Tokyo non dovrebbe più cacciare balene dal lontano 1982, eppure ha continuato a uccidere cetacei dal 1987 in avanti.
Un business in declino, sostentato dal governo
In ogni caso, il Giappone ha informato che la caccia ai cetacei avverrà soltanto nella propria zona economica di competenza, non intaccando per ora quella antartica, molto appetibile e fruttuosa. In ogni caso, anche se come cita un’agenzia giapponese i pescatori della regione dell’Hokkaido stanno già preparandosi a partire il prossimo primo luglio, dall’estermo Oriente rassicurano sul fatto che non verranno superate le quote di pesca che andrebbero a danneggiare una specie già a rischio.
Una scelta, quella di tornare sul business della carne di balena, che si fa fatica a comprendere, visto che il consumo della stessa è in declino da anni in Giappone, tanto che è lo stesso governo a finanziare di tasca propria per tenere a galla le attività.