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Batteri resistenti agli antibiotici: un terzo della carne di maiale è contaminata

Pubblicato: 10/06/2019 17:55

Un nuovo test condotto da Greenpeace Austria ha dimostrato come in circa un terzo della carne di maiale in commercio siano presenti batteri resistenti agli antibiotici. Secondo l’organizzazione, questa sarebbe la conferma degli effetti causati da un massiccio utilizzo di antibiotici negli allevamenti intensivi. I microrganismi, progressivamente rafforzati dal contatto con i medicinali, diventerebbero via via più resistenti, rimanendo nella carne anche una volta macellata e commercializzata. I rischi per la salute dell’uomo, si sottolinea nello studio, sono notevoli e richiedono la massima attenzione da parte delle autorità.

5 campioni contaminati su 14

Greenpeace ha sottoposto al test 14 campioni di carne di maiale, selezionati casualmente in tutta l’Austria: 10 provenivano da normali catene di supermarket e 4 da grossisti. In totale, 5 campioni sono risultati contaminati da MRSA (lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina) o ESBL (enzimi prodotti dai batteri resistenti agli antibiotici). Su due pezzi di carne, in particolare, erano presenti entrambi gli agenti patogeni: “Indubbiamente i risultati del test sono un segnale di allarme – ha dichiarato ai ricercatori di Greenpeace Hans-Peter Hutter, esperto di medicina ambientale dell’Università di Vienna – Dopo tutto, i germi rilevati sono importanti patogeni umani che sono spesso la causa di infezioni ospedaliere altamente problematiche”.

Il ruolo degli allevamenti intensivi

Negli ultimi anni sta aumentando la consapevolezza di quanto gli allevamenti intensivi possano aver inciso sul problema. Greenpeace stima che circa il 74% di tutti gli antibiotici utilizzati negli allevamenti austriaci sia destinato ai maiali. Un impiego così importante di medicinali potrebbe aver accelerato il processo di rafforzamento dei microrganismi, con conseguenze potenzialmente molto pericolose.

L’uso di antibiotici in medicina e in veterinaria deve in linea di principio essere limitato a ciò che è necessario dal punto di vista medico – sottolinea Hans-Peter Hutter – Altrimenti, ci sarà una resistenza che rende inefficace il trattamento antibiotico nelle malattie”. A tal proposito, Greenpeace chiede che le istituzioni prendano atto del problema, intervenendo al più presto a livello legislativo: “Non solo l’uso di antibiotici – conclude lo studioso – ma la forma attuale dell’allevamento come industria dovrebbe essere riconsiderata in generale”.