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Hong Kong, la legge sull’estradizione infiamma le piazze: cosa sta succedendo

Pubblicato: 12/06/2019 14:44

La legge sull’estradizione verso la Cina infiamma l’aria di Hong Kong, e Pechino non dorme sonni tranquilli davanti al fiume incessante di persone che protestano per fermare la svolta. Migliaia di manifestanti hanno invaso le principali arterie della metropoli, per non cedere a quella che è vissuta come una minaccia all’indipendenza. È un giugno caldissimo per i leader cinesi impegnati in una partita a scacchi sempre più difficile. Il mondo è davanti alla crisi più grande degli ultimi anni dopo quella del 2014, che vide la città-Stato occupata per 79 giorni nella cosiddetta ‘Rivoluzione degli ombrelli’.

Hong Kong, un Paese e due sistemi

Veduta di Hong Kong
Hong Kong

Per capire cosa succede nella luccicante Hong Kong del 2019, occorre tornare indietro e ripercorrere le radici della storia che ha portato il territorio ad affrancarsi dai ferrei vincoli di Pechino.

Nel 1997, al culmine del controllo dell’Impero britannico su quella che fu sua colonia per 156 anni, Hong Kong è stata ‘riconsegnata’ al grembo della Cina sulla base dell’accordo raggiunto tra la Repubblica popolare cinese e il Regno Unito. La formula di ‘rientro’ è nota come ‘Un Paese, due sistemi’, a indicare uno speciale stato di autonomia di cui la regione si è rivestita (soluzione proposta dal leader cinese Deng Xiaoping).

“Un Paese” indica che la Cina preserva l’esclusiva identità politica di unico soggetto protagonista, “due sistemi” significa che coesistono due aree con altrettante amministrazioni indipendenti, in cui a Hong Kong è concesso di muoversi fuori dalle maglie del sistema nazionale secondo differenti ordinamento ed ecosistema economico.

Questo ha permesso all’ex colonia britannica di crescere fuori dal perimetro delle ingerenze di Pechino, condizione che ha consegnato al mondo di oggi una Hong Kong che è cuore pulsante tra i più importanti in fatto di economia e progresso.

Cosa sta succedendo con Pechino

strada di Hong Kong invasa dalla folla
Hong Kong invasa dai manifestanti contro la legge sull’estradizione – Fonte: Twitter CoolPics

Il 9 giugno 2019 migliaia di manifestanti sono scesi in piazza contro una proposta di legge che punta a consentire l’estradizione verso la Cina di tutti i sospetti per cui sia contestato un reato con pena prevista superiore ai 7 anni di carcere.

La spinta di Pechino verso questa svolta, che di fatto aggredirebbe la fortezza giurisdizionale di Hong Kong, si nutre anche della volontà di impedire che la città-Stato sia un covo sicuro per criminali (che secondo alcune correnti filo-cinesi troverebbero un riparo impenetrabile dalla giustizia nazionale).

L’ombra di Pechino si fa sempre più pressante e migliaia di cittadini temono di perdere l’autonomia che ha consentito loro, finora, di sfuggire alla rigidità e alle derive autoritarie della Madrepatria. A Hong Kong si avverte il pericolo di un precipizio che sigillerebbe il primo passo verso l’addio all’indipendenza.

Ma quella di oggi non è che l’ennesima scossa in un territorio in cui il sisma politico tra le due amministrazioni va avanti da tempo. Le proteste contro l’estradizione verso la Cina sono un altro sintomo del senso di rischio che si aggira nell’aria della regione.

Nel 2014, con la ‘Rivoluzione degli ombrelli’, la città è stata occupata per 79 giorni al fine di ottenere il suffragio universale per l’elezione del proprio leader. Il simbolo degli ombrelli si è impresso nella storia, perché è con questi che la gente si proteggeva dai lacrimogeni della polizia.

Gli scontri con le forze dell’ordine

A ridosso della discussione sulla legge, la tensione è salita alle stelle. La piazza chiede all’esecutivo di Hong Kong, guidato dal primo ministro Carrie Lam, la rinuncia al provvedimento.

Il clima intorno al rifiuto di quest’ultimo è incandescente e ha visto scorrere un fiume incessante di persone davanti al Parlamento, dove si è concentrato l’epicentro della protesta. Il blocco di sicurezza davanti al palazzo è stato forzato, e gli scontri del 12 giugno hanno tenuto sotto scacco i lavori dell’Assemblea legislativa.

Si parla di circa un milione di manifestanti in movimento, e le forze dell’ordine si sarebbero trovate a fronteggiare centinaia di oppositori all’interno dell’edificio del governo.

La discussione sulla legge è stata rinviata per l’impossibilità di portare a termine il confronto sul progetto. La data della prossima seduta non è stata definita. In tutta l’area si registrano cariche della polizia con l’uso di manganelli e lacrimogeni, mentre la manifestazione sarebbe stata classificata come ‘rivolta’, aprendo a prospettive penali più severe per chi sarà arrestato.

Una legge, tanti scenari

Folla di manifestanti a Hong Kong
Folla di manifestanti a Hong Kong – Fonte: Twitter CoolPics

Cosa prevede la legge approdata al tavolo del dibattito sulle estradizioni? In caso di approvazione, gli indagati che risiedono a Hong Kong potrebbero essere consegnati alla Repubblica popolare cinese per essere sottoposti a processo. Alla presentazione del testo, datata 10 giugno 2019, sono seguiti scontri e manifestazioni che hanno ingessato l’iter, tanto da far saltare la seconda riunione del 12.

La più grande paura di Hong Kong è che si mandi in fumo un’intera epoca d’oro, in cui a dettare i tempi dell’evoluzione socio-economica è stata proprio l’autonomia giudiziaria.

Ma non c’è solo il timore dei cittadini: consegnare nelle mani di Pechino la gestione dei soggetti sospetti imporrebbe al Parlamento locale la totale cessione di ogni potere di valutazione sul singolo caso.

Tra gli scenari all’orizzonte dei più scettici, ci sarebbe anche il rischio concreto di una ‘caccia alle streghe’ che colpisca indistintamente presunti criminali e oppositori politici. Tra le prospettive più nefaste anche quella della pena di morte, che nel territorio di Hong Kong è stata abolita nel 1993. Una condanna che è uscita dalla porta, ma potrebbe rientrare dalla ‘finestra’ perché in Cina è in vigore (e il tasso di applicazione sfiora il 100%).

Ad allarmare chi si oppone alla legge c’è anche quanto dichiarato da Han Zheng, nome di punta del Partito Comunista cinese, che nel sostenere il provvedimento ha indicato un obiettivo in particolare: estradare gli stranieri che si sono macchiati di crimini contro la sicurezza del Paese al di fuori della Cina.

*immagine in alto: fonte/Cnn (frame video)

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2019 13:44