Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha comunicato su Twitter di aver firmato il divieto di ingresso in acque territoriali italiane alla nave Sea Watch, con a bordo 53 persone soccorse in acque libiche. La nave si è rifiutata di riportare i migranti soccorsi in Libia, un porto non sicuro data la guerra che imperversa nel Paese e le torture testimoniate nei campi di detenzione in cui sono segregati i migranti. Ha quindi fatto rotta verso Lampedusa, il porto sicuro più vicino, dove staziona a 16 miglia dalla costa in attesa di sviluppi. Dopo la decisione del ministro Salvini è ora necessaria la firma dei ministri Toninelli e Trenta per attuare il provvedimento
Sea Watch, Salvini firma il provvedimento di divieto d’ingresso
Il ministro dell’Interno ha deciso di applicare il Decreto Sicurezza bis appena approvato per impedire l’accesso e il transito alla nave della ong tedesca Sea Watch. La nave è in stand by a 16 miglia dalle coste di Lampedusa, con a bordo 53 migranti, tra cui 5 minori, salvati a 47 miglia da Zawiya, città nel nord-ovest della Libia, lo scorso 12 giugno.
?Ho appena firmato il DIVIETO di ingresso, transito e sosta alla nave Ong #SeaWatch3 nelle acque italiane, come previsto dal nuovo Decreto Sicurezza.
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 15 giugno 2019
Ora il documento sarà alla firma dei colleghi ai Trasporti e alla Difesa: STOP ai complici di scafisti e trafficanti! pic.twitter.com/28jWmzfcN7
Il rifiuto di portare i migranti in Libia
Il 13 giugno la Sea Watch avrebbe ricevuto indicazioni di riportare i migranti in Libia, richiesta a cui avrebbe opposto un netto rifiuto. “Davvero un Ministro della Repubblica Italiana vuole costringerci a portare queste persone in un Paese in guerra? Davvero l’UE permette una tale violazione dei diritti umani?“, è stata la replica dell’organizzazione non governativa.
? Uno dei naufraghi ci ha raccontato di essere stato costretto a seppellire cadaveri per preparare il centro di detenzione alla visita di operatori esterni.
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) 15 giugno 2019
Questa è la #Libia, il Paese in cui ci viene indicato di portare le persone soccorse: non lo faremo mai.@giorgialinardi pic.twitter.com/Xif91wItJO
La portavoce della Sea Watch, Giorgia Linardi, ha raccontato che i naufraghi avrebbero passato molto tempo nei campi di detenzione libici, riportando le condizioni inenarrabili in cui hanno vissuto. “Una persona ha raccontato di essere stato costretto a seppellire dei cadaveri per preparare il centro di detenzione alla visita di operatori esterni. Anche il più piccolo dei minori non accompagnati, di soli 12 anni, è stato imprigionato senza un valido motivo“, spiega Linardi.