Si è sottoposto a un trapianto di feci ma è morto poco dopo, vittima di un’infezione particolarmente aggressiva causata da germi resistenti agli antibiotici. Sarebbe l’abuso di questi ultimi, secondo gli esperti, ad aver causato il nefasto epilogo per un paziente statunitense. Sotto accusa l’assenza di un protocollo di valutazione preliminare sul microbiota del donatore. Un’alta persona, trattata con lo stesso materiale, sarebbe in gravi condizioni e le terapie finora somministrate non avrebbero sortito gli effetti sperati.
Morto dopo un trapianto di feci
I due episodi sono stati segnalati dalla Food and Drug Administration (Fda), ente governativo che si occupa del monitoraggio di alimenti e farmaci.
Secondo quanto emerso, entrambi i soggetti sarebbero affetti da un deficit del sistema immunitario e avrebbero in comune lo stesso donatore. Le analisi hanno evidenziato che il germe multiresistente sarebbe l’Escherichia coli-ESBL (extended-spectrum beta-lactamase).
Contestualmente alla segnalazione sulle due vicende cliniche, è stata presentata un’istanza per la sospensione della ricerca sulla procedura (usata per trattare infezioni intestinali severe come quella da Clostridium difficile).
Secondo le attuali emergenze scientifiche, Fda rileva la necessità di valutare ex ante l’eventuale presenza di germi resistenti nel materiale fecale del donatore, così da conoscere preventivamente i rischi e cercare di arginarli prima dell’intervento.
Cos’è la batterioterapia fecale
Il trapianto fecale di microbiota (o batterioterapia fecale) viene effettuato per trattare disturbi a carico dell’intestino attraverso il materiale di un donatore sano. Il microbiota intestinale governa alcuni meccanismi fondamentali per il corretto metabolismo, ed è composto da una popolazione di microorganismi (nell’ordine di diversi miliardi) che assolvono importantissime funzioni nei tratti digestivi (proteggono dall’insorgenza di alcune malattie e favoriscono l’assimilazione del cibo).
Secondo le ricerche, la procedura sarebbe utile contro alcune infezioni intestinali, tra cui proprio quella da Clostridium difficile in casi di antibiotico-resistenza.
Si introduce nel ricevente un microbiota umano sano, ma questo può contenere batteri resistenti in grado di scatenare reazioni avverse di grave entità. Il problema sorge in presenza di un abuso di antibiotici, condizione che potrebbe innescare l’inefficacia del trapianto con annessa compromissione dello stato di salute del paziente.
I donatori di feci devono essere selezionati tra soggetti senza pregressa storia di infezioni trasmissibili o eccessiva assunzione di antibiotici. La procedura ha dato esiti confortanti, ma quanto accaduto ai due pazienti americani scuote la scienza.
I due casi clinici hanno spinto l’Fda a sollecitare maggiore attenzione sullo stato dei donatori, invito rivolto agli operatori sanitari che trattano i pazienti con trapianto fecale.