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L’appello disperato della madre di Imane: un caso di omicidio dimenticato

Pubblicato: 04/07/2019 16:47

Era scomparsa nel 2003, all’età di 22 anni. Nel 2018 furono identificati i suoi resti ed accertato il suo omicidio ma la morte violenta di Imane Laloua non ha ancora un movente e tanto meno un responsabile. La madre ha deciso di lanciare il suo appello disperato a Fanpage.it per chiedere giustizia e per non far spegnere i riflettori sulla tragedia che vive ormai da 16 anni.

La scomparsa di Imane

Imane Laloua e Zoubida Chakir erano una figlia e una madre molto affiatate. Nel 2003 vivevano ormai in città diverse: la madre a Montecatini mentre la figlia a Prato insieme al marito con il quale si era sposata giovanissima. Nonostante questo si vedevano molto spesso. Anche il 27 giugno del 2003 le due si incontrano e discussero – come facevano spesso – rispetto alla situazione familiare di Imane. Suo marito era finito in carcere per spaccio di droga. La madre era preoccupata e cercava di convincere la figlia ad allontanarsi da quell’uomo che, probabilmente, non sarebbe mai cambiato. Ma Imane si diceva innamorata e felice nonostante tutto. Anche quel giorno, come tutti gli altri, salutò la madre tirandosi dietro la porta di casa ma poi più nulla.

L’odissea di Zoubida

Come racconta la donna, all’inizio pensò si trattasse di rabbia dovuta al diverbio avuto durante l’ultimo incontro ma poi, dopo averla cercata invano nella casa di Prato, decise di sporgere denuncia. Ma le cose non andarono come Zoubida sperava. Gli inquirenti si orientarono subito verso l’ipotesi di un allontanamento volontario e non iniziarono subito a cercarla. Il 21 giugno del 2006 un camionista trovò casualmente dei resti umani gettati in un boschetto adiacente all’A1 in località Barberino di Mugello, Firenze. Nonostante il ritrovamento fosse a pochi chilometri dalla casa di Imane, gli investigatori non collegarono i due casi e non disposero l’esame del DNA lasciando Zoubida sgomenta ma anche speranzosa. Il 16 luglio del 2018 però il sogno di poter riabbracciare la propria figlia si infrange nella maniera più tragica. Erano proprio di Imane le ossa ritrovate 12 anni prima; per 12 anni sono rimaste in una cella frigo dell’ubitorio.

Una battaglia per la verità

Zoubida si è rivolta all’associazione Penelope che si occupa di persone scomparse e di sostegno alle famiglie – che le ha segnalato l’avvocato Dacia Rometta, che ancora oggi la segue. Ma la vicenda di Imane è ancora avvolta da una coltre di mistero. L’unica certezza è che la giovane sia morta per mano di un qualcuno che le ha sferrato diverse coltellate. Dopo l’ipotesi sfumata di un omicidio da parte di una setta satanica, ora le indagini si sono spostate nella sfera delle relazioni familiari anche se il marito si trovava in carcere all’epoca dei fatti. Un’altra tesi potrebbe essere quella dell’omicidio per vendetta nell’ambito delle faide tra spacciatori.

L’appello di una madre disperata

“Le indagini sono ancora in corso, nel silenzio tombale dei media. Ci sono voluti 15 anni perché scoprissero che mia figlia era stata uccisa, quanti ce ne vorranno perché mi dicano chi è stato?” Il padre di Imane è mancato pochi giorni fa senza sapere la verità su sua figlia. Ora Zoubida è completamente sola ed ottenere una sentenza è la sua ragione di vita. “Sono solo una mamma che chiede delle risposte e chiede che i riflettori non si spengano sull’omicidio di una ragazza uccisa brutalmente, come è successo alla povera Pamela Mastropietro. Anche mia figlia ha diritto alla giustizia”.

*Immagine in evidenza: Imane Laloua. Fonte: Chi l’ha visto?