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Uccise le figlie perché intralciavano la sua vita sessuale: condannata all’ergastolo

Pubblicato: 06/08/2019 17:11

Ha ucciso le figlie di 3 anni e 17 mesi perché costituivano un ostacolo alla sua vita sessuale: è questo il movente shock ricostruito nel processo a carico della 23enne inglese Louise Porton, condannata all’ergastolo per il duplice omicidio. La sentenza è arrivata al termine di un iter giudiziario che ha visto approdare in aula la sconcertante assenza di pentimento della donna, per i giudici totalmente priva di emozioni davanti alla ricostruzione della terribile sorte imposta alle bimbe.

Uccide le figlie per vivere senza ostacoli

Il caso Louise Porton ha sconvolto il Regno Unito, balzato in testa alle cronache internazionali dal covo di orrori di un anonimo appartamento di Birmingham in cui credeva di aver neutralizzato il rischio di essere scoperta.

È qui che la 23enne, madre di 2 bimbe barbaramente uccise a poche settimane di distanza l’una dall’altra, ha inscenato la morte naturale di entrambe prima di essere smascherata.

La donna avrebbe agito con una freddezza tale da sconvolgere persino la Corte chiamata a giudicare la sua posizione nel processo per il duplice omicidio. Secondo l’accusa, infatti, avrebbe pianificato di uccidere le figlie perché intralciavano il suo piano per fare soldi e vivere un’esistenza dissoluta. Questo l’assurdo movente finito sulle prime pagine di giornali.

Avrebbe deciso di liberarsi delle piccole perché costituivano un ostacolo alla sua vita sessuale sfrenata, dove gli incontri a pagamento per rimpolpare il portafogli si sarebbero fatti sempre più frequenti.

Madre condannata all’ergastolo

Il processo è durato 5 settimane, nelle quali si sono cristallizzate le tappe chiave dei due omicidi e sono emerse evidenze ritenute schiaccianti per la 23enne.

La morte di Lexi Draper, 3 anni, e Scarlett Vaughan, 17 mesi, risale rispettivamente al 15 gennaio e al 1° febbraio 2018. Nonostante Louise Porton si sia sempre professata innocente, la sentenza è arrivata come un macigno: ergastolo.

La Corte di Birmingham ha stabilito che la donna aveva chiamato i soccorsi dopo essersi assicurata che le piccole fossero morte. Nel caso della primogenita, ai paramedici aveva detto di averla trovata senza vita nel suo letto. Per la più piccola, invece, che era morta durante il trasporto in ospedale (necessario per una presunta malattia dichiarata dalla madre).

Gli elementi a carico della donna

A incastrare la sua versione nel perimetro dell’inattendibilità, però, sono stati gli esiti degli accertamenti autoptici. Su entrambe, infatti, sono stati evidenziati inconfutabili segni di ostruzione delle vie aree che hanno irreversibilmente aperto a uno scenario di morte violenta.

C’è poi un mosaico di condotte definite dal giudice “inquietanti”, come riporta Independent, che tracciano un profilo dai tratti compromettenti e completamente privi di empatia in merito alla personalità della madre.

Nella mente di Louise Porton, secondo la dinamica ricostruita dagli inquirenti, le bambine rappresentavano una minaccia alla sua intimità e ai suoi affari. Dal telefono della 23enne sono stati estrapolati contenuti che rimandano a una fitta rete di incontri online che sfociavano in prestazioni sessuali a pagamento.

Sul computer la traccia di ricerche su come uccidere un bambino per soffocamento, sorte che avrebbe imposto alle sue figlie. A meno di 24 ore dalla morte della primogenita, Louise Porton avrebbe accettato 41 richieste di amicizia su un sito per adulti.

Ma non è tutto: durante un precedente ricovero della figlia si sarebbe dedicata a scatti in topless nel bagno dell’ospedale, foto da inviare a potenziali ‘clienti’.

Sul profilo Facebook della donna alcuni post che non sono passati inosservati in corso d’indagine. Si tratta di una foto in cui si mostra con addosso una tuta sporca di sangue (forse un macabro travestimento) e una dedica alle figlie che aveva appena ucciso: “Gli angeli vi hanno portato via da me troppo presto. Non sarete mai dimenticate“.

Il padre delle vittime, Chris Draper, ha espresso un solo pensiero che suona come un’ulteriore ferita insanabile: “Forse, se i servizi sociali mi avessero ascoltato, le mie figlie sarebbero ancora vive“.

*immagine in alto: fonte/Facebook Louise Porton, dimensioni modificate