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Roma, dipendente Asl morto nel 2002 per il fumo passivo: risarcimento alla famiglia

Pubblicato: 09/08/2019 21:44

Nel 2002 un dipendente di una Asl di Roma è morto per un tumore. Per anni aveva lavorato con due colleghi, fumatori accaniti, e si era ammalato. Adesso la Cassazione ha confermato una sentenza della Corte d’Appello che sosteneva il collegamento diretto tra il fumo passivo e la malattia. È stato disposto un risarcimento per la vedova di 200mila euro.

La vicenda

Solo nel 2003 è entrata in vigore la legge Sirchia sul divieto di fumo nei luoghi chiusi e pubblici. Dunque, all’epoca dei fatti non vigeva ancora il “divieto assoluto”. La Cassazione ha, però, deciso che alla vedova e agli eredi di un dipendente della Asl, morto nel 2002, spetta un risarcimento. L’uomo si era ammalato lavorando a fianco di due colleghi che erano fumatori. I giudici d’Appello, ribaltando la sentenza di primo grado, avevano ritenuto che l’ufficio dove lavorava il dipendente era effettivamente “insalubre. Ciò aveva portato all’insorgenza del tumore e poi alla morte, sopravvenuta “non solo a causa del fumo passivo, ma anche per le ridotte dimensioni” della stanza, si legge su Il Fatto Quotidiano.

Il ricorso della Asl

L’azienda sanitaria aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione con la motivazione che all’epoca della vicenda le conoscenze scientifiche non erano tali da “mettere in guardia i fumatori sui danni alla salute connessi al cosiddetto fumo passivo. La sezione Lavoro della Cassazione ha spiegato, invece, con la sentenza n. 21287, che è comunque dovere del datore di lavoro adottare “misure di prudenza e diligenza” e “le cautele necessarie“.

Il risarcimento per la famiglia del dipendente deceduto a causa del fumo passivo

La Cassazione ha quindi deciso di confermare la sentenza della Corte D’Appello di Roma, che aveva accolto la domanda della vedova. Con le seguenti motivazioni: “non può dubitarsi della correttezza delle argomentazioni, sull’azione del fumo passivo in ambiente inidoneo allo svolgimento delle attività lavorativa senza rischi per la salute“. E questo “al di là dell’introduzione di specifiche norme sui divieti di fumo“. Ha, inoltre, stabilito un risarcimento danni in favore della famiglia del dipendente, morto in conseguenza del fumo passivo, che ammonta a 200mila euro.
Nel 2017 un Tribunale civile ha stabilito un risarcimento per la famiglia di una donna che è deceduta dopo aver lottato dal 1979 al 2000 per vedere riconosciuto il suo diritto di non respirare fumo in ufficio.

Ultimo Aggiornamento: 22/11/2021 14:45