Una ragazzina inglese di 13 anni è morta a causa di una patologia cardiaca, resa più grave dall’obesità dell’adolescente. Una tragica vicenda, in cui la madre della 13enne ha contribuito all’aumento del peso della figlia, nutrendola solo con cibo spazzatura.
La morte della 13enne avvenuta nel 2015
La tragica morte di una bambina di 13 anni di Manchester è avvenuta nell’aprile del 2015. La ragazzina combatteva contro il suo peso da un decennio, finché non è morta a causa di una cardiomiopatia. La sua condizione è stata aggravata dall’obesità. Il caso è stato riportato alla luce dal comitato di controllo dei bambini e dei giovani del Consiglio comunale della città inglese. Il Manchester Safeguarding Board ha dichiarato, si legge sulla BBC, che sta rivedendo la strategia di abbandono della madre della 13enne. Dalla revisione compiuta finora si è scoperto che la madre nutriva la figlia solo con cibo spazzatura. Inoltre, la donna, ostacolava le attività fisiche e impediva alla ragazzina di svolgere le ore di ginnastica a scuola. Il rapporto rivela anche una “paralisi professionale” da parte delle autorità, le quali erano titubanti nel considerare l’obesità infantile come un indicatore di abbandono e abuso.
La madre indagata per aver contribuito all’obesità della figlia
Sul Manchester Evening News, si legge che la ragazzina era definita dai compagni di scuola come “solare e amichevole“. La 13enne amava frequentare le lezioni di educazione fisica ma, in numerose occasioni, avrebbe chiesto agli insegnanti di non dire nulla alla madre. Dal riesame del caso, è trapelato, inoltre, che la donna non portava la figlia ai controlli sanitari prestabiliti. Si è scoperto che la soprannominava “ciambella” e la definiva “pigra“, per questo, secondo la madre, la bambina era sovrappeso e non dimagriva. Una situazione che è stata sottovalutata da tutti e perdurava da 10 anni; all’età di tre anni, la bambina pesava già più di 30 kg.
Il ruolo della scuola nella vicenda
Nella revisione del caso è stato preso in considerazione anche il ruolo della scuola e dei medici che avrebbero dovuto seguire la ragazzina. Questi ultimi, come l’infermiera della scuola e un nutrizionista hanno sollevato preoccupazioni e hanno provato a lavorare con l’adolescente. Molti di loro, però, non sono andati a fondo perché credevano che se avessero sollevato un polverone non sarebbero stati presi sul serio. Oltre al fatto che da parte della madre non c’era collaborazione. La quale, fino al giorno della morte della figlia, ha portato anche in ospedale cibo da asporto proveniente da fast food. Nel rapporto si legge, infatti, che nel suo ultimo pranzo, la 13enne ha consumato più di 2mila calorie.
Il personale scolastico ha anche incoraggiato la madre a consentire alla figlia di andare a piedi con i suoi amici fino a scuola. La donna, però, non era contenta di tali interferenze e ha continuato ad accompagnare la ragazzina in macchina. Sono state avviate delle indagini nei confronti della madre, ma ancora non è stata intrapresa alcuna azione legale.