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Lampedusa, a rischio chiusura il centro di soccorso delle tartarughe marine

Pubblicato: 26/09/2019 16:07

Ogni anno, il Centro Recupero Tartarughe di Lampedusa assiste più di 100 tartarughe marine ferite. I rettili acquatici sono costantemente minacciati dalla pesca intensiva, dai rifiuti gettati in mare (in particolar modo, la plastica) e dal traffico marino sempre più presente. L’ospedale per tartarughe si trova all’interno della Stazione Marittima, ed è coordinato da più di 20 anni da Daniela Freggi, biologa e fondatrice del Centro, sotto la gestione formale del WWF. Guidati dalla scienziata, i volontari hanno sempre amministrato l’ospedale in completa autonomia organizzativa e finanziaria, ma oggi la struttura potrebbe venire completamente smantellata: il WWF ha infatti deciso di ritirare la propria disponibilità.

Al via la raccolta firme

Su change.org è stata lanciata una petizione, scritta da Camilla Bignami sotto forma di lettera diretta, tra le altre persone, al sindaco di Lampedusa Salvatore Martello. L’obiettivo dell’appello? Raccogliere 150.000 firme digitali. E sembra che stia funzionando: in appena due settimane, è stata raggiunta e superata la metà del traguardo. “Il centro recupero tartarughe marine di Lampedusa non deve chiudere!” (questo il nome della petizione) conta attualmente oltre 80.000 firme. Secondo quanto riportato sul sito, dopo che il WWF ha decretato l’abbandono dell’attività, l’amministrazione pubblica delle Isole Pelagie ha richiesto la chiusura del Centro per poter aprire, al suo posto, un simile esercizio gestito a livello politico.

Tartarughe in pericolo

L’associazione Caretta Caretta, che si batte per la conservazione della tartaruga marina e di cui fa parte la stessa dottoressa Freggi, vorrebbe dunque prendere il posto del WWF per poter continuare a gestire il Centro. La società prende il nome dalla nomenclatura scientifica della stessa tartaruga comune che popola il bacino del Mediterraneo. La specie è presente in molti mari del mondo, ma la situazione in Italia è allarmante: lo stato di conservazione dell’animale è classificato come “vulnerabile”, dato che il rettile è minacciato dai continui mutamenti artificiali apportati al suo habitat naturale.