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Libia, confermati gli accordi ma chiesta la revisione: j’accuse di Orfini

Pubblicato: 02/11/2019 16:03

L’Italia, allo scadere del memorandum con la Libia per il controllo dell’immigrazione clandestina, ne ha chiesto la rivisitazione al perdurare dell’accordo, che si rinnova automaticamente con il silenzio-assenso. Come annunciato nei giorni scorsi dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che presiederà la commissione congiunta, la direzione da prendere è quella di una maggiore tutela dei migranti detenuti nei centri libici. Le contraddizioni tra la narrativa e la realtà, documentata da osservatori internazionali e giornalisti, sul trattamento delle persone in quelli che sono considerati dei veri e propri lager ha alzato la polemica. Si chiede che gli accordi con la Libia cessino, come fa Matteo Orfini, presidente del Partito Democratico, in rotta con la dirigenza “governativa” del partito.

Libia, Italia chiede la revisione degli accordi

Come recita l’articolo 3 del memorandum, l’Italia chiede l’istituzione di un “comitato misto composto da un numero di membri uguale tra le parti, per individuare le priorità d’azione, identificare strumenti di finanziamento, attuazione e monitoraggio degli impegni assunti“. Lo fanno sapere fonti governative, che pongono l’attenzione sulla richiesta di monitorare con maggior attenzione le violazioni dei diritti umani che avvengono in Libia.

Luigi Di Maio aveva dichiarato che l’intenzione è di “rafforzare le condizioni per i migranti, di migliorarle di molto sia nei centri, sia nella gestione dello sbarco, quando la Guardia costiera li salva in mare. Ed è un lavoro che stiamo facendo con Unhcr e Oim“. Per le due organizzazioni internazionali viene chiesta maggior possibilità di manovra nel controllo dei centri di detenzione. In ogni caso, il governo si riterrebbe soddisfatto dei risultati del memorandum firmato dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti. L’Unione Europea avrebbe stanziato 90 milioni di euro dal 2017 alla Libia, la maggior parte dei quali hanno finanziato le milizie armate che compongono la Guardia costiera libica.

L’ira delle associazioni umanitarie

Le reazioni a questa decisone non si sono fatte attendere. Diverse inchieste giornalistiche, come quelle di Francesca Mannocchi e di Avvenire sul caso Bija, hanno messo in luce la totale mancanza di paletti umanitari nella gestione dei flussi migratori. La Guardia costiera libica è in mano a trafficanti, come lo stesso Bija, che si sono seduti al tavolo delle trattative con l’Italia e l’Unione Europea. Nei campi di detenzione i migranti vengono costretti a subire torture e stupri in condizioni disumane, e tutto questo anche con i finanziamenti stanziati dal nostro Paese.

A levare la voce Maurizio Debanne, portavoce di Medici senza Frontiere, che ha parlato di “Maquillage umanitario, ecco cosa è l’accordo Italia-Libia. Perché ‘finge di voler migliorare le cose, mentre perpetua politiche disumane sulla pelle delle persone‘”. Anche la Caritas Ambrosiana e Amnesty International avevano chiesto nei giorni scorsi di fermare gli accordi. “Facciamo finta che ci siano 5mila bianchi prigionieri in Libia. Le donne bianche tutte stuprate. Gli uomini bianchi tutti torturati. Useremmo le nostre tasse per finanziare lager, secondini, motovedette che riportano indietro chi fugge dall’inferno?“, ha scritto Cecilia Strada, figlia del fondatore di Emergency su Twitter.

Orfini: “Disfatta culturale e politica”

Matteo Orfini, presidente del PD, in un lungo post su Facebook ha criticato aspramente il perdurare degli accordi. Orfini commenta dicendo che le dichiarazioni di maggior impegno per i diritti umani è la dimostrazione della “disfatta culturale e politica di questo paese: i diritti umani sono qualcosa di collaterale, un di più di cui occuparsi a margine di altro. Oggi la priorità per l’Italia è la ‘difesa dei confini’ dai disperati che scappano dai lager, dalla guerra, dalla fame“.

In nome di questa follia abbiamo fatto cose indicibili: abbiamo pagato la Libia per fare quello che noi non potremmo fare, perché illegale. Li paghiamo e armiamo per riportare migliaia di persone in un paese in guerra. Li paghiamo per costruire e gestire lager in cui rinchiuderle, torturarle, ucciderle. Addestriamo e armiamo i loro trafficanti, chiamandoli pudicamente guardia costiera libica“, continua Orfini, “Con i criminali abbiamo trattato in segreto, come dimostrano le inchieste di tanti coraggiosi giornalisti“.

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