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Antimafia, ridotta la scorta a due magistrati da anni in prima linea

Pubblicato: 29/11/2019 18:27

Scorta ridotta a due magistrati da anni in prima linea contro la criminalità organizzata, Roberto Tartaglia e Marisa Manzini. Entrambi sono applicati come consulenti della Commissione parlamentare Antimafia e, secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, l’Ucis (Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale) avrebbe abbassato il livello di protezione. Sulla vicenda, dopo le minacce ricevute dalla Manzini, era intervenuta un’interrogazione parlamentare depositata dalla deputata Wanda Ferro (FdI).

Scorta ridotta a Tartaglia e Manzini

Due magistrati da anni impegnati in prima linea contro la criminalità organizzata, consulenti della Commissione parlamentare Antimafia, destinatari di una riduzione delle misure di protezione.

I loro nomi, Rooberto Tartaglia e Marisa Manzini, sono tra i più importanti in Italia e per entrambi l’Ucis avrebbe disposto l’abbassamento della sicurezza. Da secondo a terzo livello di protezione, indica il Fatto Quotidiano, secondo cui la decisione sarebbe motivata dall’esposizione dei due pm a rischi minori rispetto al passato.

Attualmente a Roma, infatti, secondo questa lettura non vivrebbero una situazione di pericolo così elevata come quando erano impegnati in altre città (Palermo e Cosenza in testa).

Un’interrogazione parlamentare sul caso

L’abbassamento del livello di protezione da secondo a terzo livello comporta la riduzione della scorta da 2 auto blindate con 3 agenti a una macchina con uno o 2 agenti).

Lavorando attualmente a Roma, al servizio della Commissione parlamentare Antimafia, sarebbero ritenuti meno esposti ai rischi rispetto alle precedenti sedi operative di Palermo e Cosenza. Roberto Tartaglia e Marisa Manzini, alla luce di questa scelta, non avrebbero bisogno del livello di tutela superiore.

Nello specifico, sulla riduzione di protezione al magistrato Marisa Manzini, la deputata di Fratelli d’Italia Wanda Ferro ha depositato una interrogazione parlamentare poche settimane fa.

Desta preoccupazione – si legge nel testo – la decisione di ridurre la scorta alla dottoressa Marisa Manzini, sostituto procuratore della Repubblica nel processo contro uno dei più sanguinari boss della ‘ndrangheta calabrese e oggi consulente della Commissione parlamentare antimafia“.

Wanda Ferro ha sottolineato le minacce ricevute dal pm come campanello d’allarme da non sottovalutare, come si legge ancora nel testo:

“Secondo quanto riportato nelle ultime ore da fonti di stampa locale, Pantaleone Mancuso, alias «Scarpuni», figura apicale dell’omonima cosca della ’ndrangheta vibonese, che aveva già minacciato il magistrato, continua a farlo dal carcere, volendo imputare alla Manzini, che all’epoca del processo rappresentava la pubblica accusa, la morte della moglie che aveva cominciato a collaborare, per poi volere tornare a casa di Mancuso e dopo un mese essere trovata suicida per «aver ingerito» acido muriatico“.

Chi sono i due magistrati Tartaglia e Manzini

L’impegno di Roberto Tartaglia e Marisa Manzini contro la criminalità organizzata affonda le radici in una carriera importante non priva di altissimi rischi. Tartaglia ha lavorato come pm a Palermo per circa 10 anni, occupandosi dei rapporti Stato – Cosa Nostra.

Marisa Manzini è stata procuratore aggiunto a Cosenza, in prima linea in delicate inchieste sulla ‘ndrangheta e su alcuni degli esponenti di spicco del tessuto criminale calabrese.

La deputata Ferro, in sede di interrogazione parlamentare, ha portato all’attenzione un sinistro episodio legato a una pesantissima minaccia ricevuta dalla pm Manzini: “Durante un’udienza nell’aula bunker di Vibo Valentia, Mancuso (boss della cosca di Limbadi, ndr), collegato in videoconferenza dal carcere, aveva gravemente minacciato la dottoressa Manzini che, applicata alla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, stava sostenendo l’accusa nel processo contro la cosca“.

Era il 2016 e, in quella occasione, dopo le minacce culminate nella frase “Fai silenzio ca parrasti (hai parlato, ndr) assai“, alla Manzini fu elevato il grado di protezione. Il boss è finito a processo, a Salerno, con l’accusa di oltraggio a magistrato in pubblica udienza. Nonostante reiterate condotte preoccupanti nei confronti della pm, sarebbe comunque scattato il depotenziamento della scorta.

Nonostante ciò – si legge ancora nel testo dell’interrogazione parlamentare -, a soli quindici giorni dall’inizio del processo (apertosi nell’ottobre 2019, ndr), con una decisione che ha davvero dell’incredibile, alla dottoressa Manzini è stato ridotto il livello di protezione da secondo a terzo grado. In sostanza, il magistrato può contare su un solo uomo di tutela, nonostante sia in cima alla «lista nera» della cosca del Vibonese, e ciò rende evidente il rischio per la sua incolumità e per quella degli uomini delle forze dell’ordine che hanno il compito di proteggerla“.

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