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Pareidolìa: vedere forme umane dove non ci sono

Pubblicato: 06/12/2019 17:43

Orta è un delizioso borgo che si affaccia sulle rive dell’omonimo lago, nel novarese: tra le sue sue strette viuzze, in quello che potremmo considerare una sorta di “budello”, si erige Villa Gippini, un palazzo settecentesco assurto agli onori della cronaca alla fine degli anni ’90 quando, sulla facciata del medesimo, e più precisamente nella nicchia posta all’ultimo piano, apparve l’immagine di un uomo con la barba che presentava le sembianze di Padre Pio.

L’effigie del santo, che ha reso la piccola località lacustre piemontese una vera e propria meta di pellegrinaggio internazionale, non è che una delle tante figure che vengono scorte, in maniera piuttosto frequente negli oggetti o nei fenomeni naturali, caratterizzati da un certo disordine: è un fenomeno che si chiama pareidolìa.

Che cos’è la pareidolìa

Non si tratta di fenomeni paranormali ma di pareidolìa (dal greco parà, vicino, e èidolon immagine), e cioè di “un processo psichico consistente nella elaborazione fantastica di percezioni reali incomplete, non spiegabile con sentimenti o processi associativi, che porta a immagini illusorie dotate di una nitidezza materiale”.

Ogniqualvolta che scorgiamo una persona o un animale o una figura sacra fra le nuvole o tra le onde, o nel fondo di una tazzina di caffè o sulla superficie di un alimento, è a causa di questa tendenza umana a ricondurre a sagome note e familiari forme sconosciute o caotiche, che ci permette, inoltre, di percepire il significato delle emoticon.

Alla base di tale fenomeno psicologico, in passato erroneamente ritenuto un’anomalia patologica anziché una distorsione percettiva, vi è la tendenza del cervello ad organizzare gli stimoli in maniera diversa da quella risultante dalla sola configurazione fisica dello stimolo, per ragioni di semplificazione.

Oltre alla pareidolìa visiva, di cui tutti abbiamo fatto e facciamo sovente esperienza, esiste anche la cosiddetta pareidolìa acustica, che consiste nell’attitudine a ricondurre degli stimoli sonori casuali a voci o suoni provenienti dall’aldilà, generalmente legata al bisogno di “sentire” qualcuno che non è più materialmente esistente.

Le donne sono più “brave” degli uomini

La tendenza ad associare gli stimoli casuali a qualcosa di noto, è presente in molte culture, soprattutto in relazione all’aspetto religioso e, come evidenziato dalla rivista Focus, che riporta le risultanze di una ricerca condotta dall’Università Bicocca di Milano, si manifesta con delle differenze tra generi: le donne, mostrando un maggiore interesse per le persone piuttosto che per le cose e manifestando reazioni più intense nei confronti delle informazioni sociali, risulterebbero più abili ad antropomorfizzare fenomeni naturali e artificiali.

L’arte ha fatto un ampio uso della pareidolìa: basti pensare agli artisti che si sono divertiti a nascondere visi e personaggi all’interno delle nuvole o della vegetazione o ad alcune opere di Salvador Dalì.

Insomma, probabilmente in ragione di una tendenza sviluppata in conseguenza alla necessità, degli uomini primitivi, di riconoscere gli eventuali predatori mimetizzati tra la natura, abbiamo sviluppato la capacità di vedere…ciò che vogliamo vedere!

Ultimo Aggiornamento: 20/01/2020 10:44