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Pensione di reversibilità a coppie gay: storica sentenza del Tribunale di Foggia

Pubblicato: 03/02/2020 16:36

Sono passati meno di quattro anni da quando, nel maggio 2016, è entrata in vigore la cosiddetta “Legge Cirinnà”, che riconosceva giuridicamente diritti e doveri delle coppie formate da persone dello stesso sesso. Oggi, grazie a una sentenza del Tribunale di Foggia, un nuovo passo è stato fatto verso la piena uguaglianza di trattamento tra coppie etero e coppie omosessuali.

La richiesta della pensione di reversibilità

Quando la lunga storia d’amore di due donne foggiane si è conclusa, con la morte nel 2011 di una delle due, la donna ancora in vita ha deciso di rivolgersi a un giudice per ottenere un diritto ormai scontato per una coppia “tradizionale”: la reversibilità della pensione.

Infatti, grazie anche al lavoro degli avvocati difensori Giacomo Celentano e Bruno Colavita, il Tribunale di Foggia ha riconosciuto alla donna il diritto al trattamento pensionistico con, elemento questo di fondamentale importanza, effetto retroattivo. Il giudice ha quindi condannato l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale a versare la pensione anche per gli anni antecedenti l’approvazione della legge sulle unioni civili.

L’unione civile non prevedeva la reversibilità

La pensione di reversibilità venne introdotta con la legge n.1272 del 6 luglio 1939 (conversione del regio decreto del 14 aprile dello stesso anno), a tutela delle donne che, prive di pensione, si ritrovavano senza un reddito minimo alla morte del coniuge.

Le coppie omosessuali però, pur avendo ottenuto dallo Stato l’equiparazione dei diritti fondamentali alla vita familiare (come riconosciuto anche da numerose sentenze), non possono ancora sposarsi, bensì possono unirsi civilmente. Si vedono quindi negati alcuni diritti esistenti per le altre coppie da oltre 80 anni.

La sentenza del Tribunale di Foggia ha di fatto cancellato la distinzione tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali, aggiungendo un ulteriore tassello al processo iniziato con la legge che ha preso il nome da Monica Cirinnà, senatrice del PD promotrice e prima firmataria della norma.