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Condannato per prostituzione minorile, prete si salva con la prescrizione

Pubblicato: 04/02/2020 14:37

Condannato in 3 gradi di giudizio per prostituzione minorile, accusato di aver avuto rapporti sessuali a pagamento con un adolescente tossicodipendente, il prete viene ‘graziato’ dalla prescrizione e resta sostanzialmente impunito. Il caso, come riporta il Fatto Quotidiano, viene da Milano.

Prete condannato salvo con la prescrizione

Nonostante sia stato giudicato colpevole per 3 gradi di giudizio, il prete accusato di prostituzione minorile scampa alla pena per via di un cavillo tecnico. I reati restano impuniti per l’intervenuta prescrizione.

Lo riporta il Fatto Quotidiano, che cita il Corriere della Sera, secondo cui il caso di un prete, che per l’accusa avrebbe pagato prestazioni sessuali a un 16enne (tra 150 e 250 euro a incontro) tra il 2009 e il 2011, si chiude con la Cassazione che ne riconosce la colpevolezza ma i reati per cui è finito alla sbarra non saranno puniti.

20 gli episodi contestati e accertati, secondo quanto riporta il Fatto, che avrebbero portato alla condanna in primo grado (nel 2016), in appello (nel 2018) e in via definitiva.

L’inchiesta scattata nel 2013

L’apertura dell’inchiesta risale al 2013, quando l’allora 16enne avrebbe confessato i fatti a una psicologa, episodi poi confluiti nel processo a carico del parroco.

1 anno e 10 mesi di carcere con rito abbreviato per prostituzione minorile, senza sospensione di pena e attenuanti generiche. Contro la sentenza, confermata nel secondo grado di giudizio, la difesa del prete aveva presentato ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte, riporta ancora il quotidiano, avrebbe accolto uno dei 3 motivi del ricorso (respinti responsabilità e attenuanti). Si tratta di quello che avrebbe indicato come “illogica” la motivazione con cui è stato pronunciato il diniego della sospensione condizionale della pena (per mancata recipiscenza) perché nel frattempo il prete era stato sospeso dal suo ministero e trasferito in altra sede (una comunità).

La riconosciuta fondatezza di quel motivo del ricorso avrebbe fatto sì che si formasse “un valido rapporto di impugnazione” al momento della presentazione, consentendo così di rilevare la prescrizione del reato che sarebbe maturata il giorno 1 luglio 2018 (poco dopo la sentenza d’appello, emessa il 20 giugno dello stesso anno).

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Ultimo Aggiornamento: 04/02/2020 15:02

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