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Uccisa dalla dose sbagliata di chemio: si rischia la prescrizione per i responsabili

Pubblicato: 19/02/2020 11:27

La morte di Valeria Lembo non è un semplice caso giudiziario. È qualcosa che tocca le coscienze, commuove e pone pesanti interrogativi sulle conseguenze di un banale errore umano. Valeria Lembo è morta a 34 anni, nel dicembre del 2011, per una dose sbagliata di un farmaco chemioterapico, somministratole nel reparto di oncologia del Policlinico di Palermo. Il successivo processo si è concluso con le condanne in primo e in secondo grado per i medici responsabili di quell’errore, ma a marzo del 2019 la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, rinviandola ad un’altra sezione della corte d’appello. Sul nuovo processo si staglia ora l’ombra della prescrizione e i familiari di Valeria sono tornati a far sentire la propria voce, nella speranza di ottenere finalmente giustizia.

La storia di Valeria

A tutti può capitare di scrivere una cifra sbagliata, ma se la cifra in questione è la dose di un farmaco molto pericoloso, allora è lecito aspettarsi un sistema di controlli che rilevi l’errore prima che sia troppo tardi. Qualcosa, in quel sistema di controlli, non ha funzionato per Valeria Lembo, a cui sono stati somministrati 90 milligrammi di un medicinale basato sul principio attivo Vinblastina, invece dei 9 che le erano stati prescritti. Il tutto per una banale svista nella trascrizione dei documenti della cartella clinica, uno “zero” aggiunto nella fretta di cui però nessuno, primario compreso, si era accorto. La ragazza sarebbe poi morta tre settimane più tardi tra atroci sofferenze, dando origine a quello che il Tribunale di Palermo ha definito come il più grave episodio di colpa relativa ad operatori sanitari mai verificatosi al mondo.

Le sentenze

Questi signori, quando si guardano allo specchio la mattina, invece di vedere il loro volto dovrebbero vedere il volto di mia nipote”, ha detto con tono affranto Annamaria, la zia di Valeria, ai microfoni della trasmissione televisiva Le Iene. Nel 2017 la corte d’appello di Palermo aveva condannato Sergio Palmeri, primario di Oncologia del Policlinico, a 4 anni e 6 mesi per omicidio colposo, insieme allo specializzando Alberto Bongiovanni (4 anni e 8 mesi) e all’oncologa Laura Di Noto (4 anni e 4 mesi). La Cassazione ha poi annullato la sentenza per il primo, che con l’infermiera Clotilde Guarnaccia dovrà affrontare un nuovo processo di appello, mentre ha confermato la colpevolezza per i secondi due. Nel loro caso l’appello avrà lo scopo di rideterminare la pena.

Una possibile prescrizione

Intervistati da Le Iene, Palmeri, Di Noto e Bongiovanni sono sembrati visibilmente scossi dalla vicenda, che, come immaginabile, deve aver avuto ripercussioni psicologiche non indifferenti. I genitori di Valeria, intanto, tra rinvii delle udienze e lungaggini burocratiche, temono che il processo possa andare verso la prescrizione, senza una condanna definitiva per i colpevoli: “A otto anni dalla scomparsa di mia figlia nessuno ha pagato, con la beffa che oggi rischiamo la prescrizione”, ha detto la mamma. A fine dicembre, nel giorno di quello che sarebbe dovuto essere il suo 42esimo compleanno, si è tenuta a Palermo una fiaccolata per ricordare Valeria. Sullo striscione, esibito in testa al corteo, poche semplici parole: “Chiediamo ai medici scienza e coscienza”.