In un post pubblicato su Facebook, Vasco Rossi rivela ai suoi fan di sentirsi “Un emarginato”.
Lo sfogo social di Vasco Rossi
Dopo più di 40 anni di illustre carriera il “Blasco” tira le somme. La fama e il successo donano molto ma allo stesso tempo privano di molto altro. In un post su Facebook Vasco scrive così: “È così. Rimango un emarginato, lo ripeto sempre. Emarginato di lusso, ma sempre emarginato. All’inizio essere famosi era molto divertente, perché la vivevo come una conferma che esistevo. I primi successi mi diedero l’illusione di aver risolto tutti i problemi. Poi sono arrivati i prezzi da pagare“.
Un lungo sfogo quello del cantante che ripercorre il labile confine che divide due facce della medesima medaglia, il successo: “Ma come potrei lamentarmi? Sarei un pazzo, anche perché la popolarità è la conferma del valore delle cose che hai fatto. Mi spiace solo non poter camminare per strada, entrare nei negozi, entrare in locale tranquillamente”.
“Perché quando si spengono le luci, tu torni a essere quello che sei“
Vasco Rossi si interroga anche sui rapporti con “l’altro”: tutti lo conoscono, ma sembra intrappolato in una gabbia di solitudine: “Tutti mi conoscono ma io non conosco nessuno, perché ogni rapporto è comunque falsato, capisci? Mi pesa. Mi pesa da morire. Ogni tanto parto e vado all’estero, dove non mi conosce nessuno”. Un forte senso di insofferenza che fa però a pugni con l’amore e l’affetto cui solamente la fama ti permette a volte di godere: “E lì mi mescolo alla gente e sto bene. Mi chiedo come possano sentirsi Bono, Dylan o Mick Jagger. Io ho bisogno della gente, il palco da solo non mi basta, il rock forse ti salva la vita all’inizio ma non per sempre, perché quando si spengono le luci, il concerto finisce, il disco esce e la gente smette di acclamarti, tu torni a essere quello che sei“.

“Nel rock non esiste la riconoscenza“
Il pensiero del Blasco non si conclude qui, continua interrogandosi sul prezzo da pagare e sulla caducità della fama stessa: “Il successo tende a forzati la mano, a far crescere dentro te la sensazione che tu esista nel mondo in cui ti vede la gente. Ma è sbagliato, perché se credi a queste cose, allora devi accettarne anche le conseguenze: che tu esisti solo se c’è qualcuno che ti vede. E quando non ti vede nessuno? Ti ammazzi? Per fortuna, questi ragionamenti, queste aberrazioni – vogliamo chiamarle così? – non influenzano la composizione. Quando scrivo, ho una sola certezza: quello che hai fatto prima non conta nulla, perché nel rock non esiste la riconoscenza. Non esistono meriti pregressi che ti facciano star comodo. Se tu smetti di fare grande musica, non è che la gente continua a seguirti solo perché la una volta la facevi”.