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Il menù di mare e di terra dell’uomo di Neanderthal

Pubblicato: 03/04/2020 23:01

Il menù dell’uomo di Neanderthal sembra fosse di tutto rispetto. Sulla costa atlantica del Portogallo, all’interno della grotta Figueira Brava, sono stati ritrovati dei reperti risalenti a circa 100 mila anni fa, che hanno permesso la ricostruzione del menù degli ominidi.

Al suo interno ritroviamo cibo di mare e di terra: cozze, vongole, granchi, orate, foche, oche, cervi e anche pinoli. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Science.

Un ruolo determinante nello sviluppo mentale

Gli archeologi João Zilhão dell’Università di Barcellona e Diego E. Angelucci dell’Università di Trento hanno esaminato i reperti ritrovati nella grotta e hanno ritrovato tutti gli elementi per ricostruire la dieta dell’ Homo Neanderthalensis. Grazie a questa ricerca si può affermare che gli uomini di Neanderthal mangiassero anche cibo di mare, elemento che proverebbe che questi ominidi avessero proprietà intellettive tali da poter sfuttare per la propria sopravvivenza le risorse marine.

Sul punto l’archeolo Angelucci precisa : “I dati di Figueira Brava aggiungono un ulteriore contributo al dibattito in corso e alla rivalutazione del modo di vita dei neandertaliani”. Si legge: “Se è vero che il consumo abituale di alimenti di origine marina ha giocato un ruolo determinante nello sviluppo delle capacità cognitive dei nostri antenati, bisogna quindi riconoscere che questo processo avrà riguardato l’intera umanità e non esclusivamente una popolazione limitata dell’Africa australe che si è poi espansa fuori dal continente africano”.

L’uso dei pinoli nella dieta

Oltre alla parte marina vi è anche una grande presenza di alimenti della terra. Infatti, sono presenti prodotti della caccia come cervo, stambecco, cavallo e tartaruga terrestre; in più, trovano posto anche risorse vegetali tra cui i pinoli. Lo studio dei reperti fa presupporre un uso sistematico di quest’ultimi. Inoltre, considerate le condizioni ecologiche necessarie al pino domestico, i ricercatori sostengono che probabilmente esistesse, tra Serra de Arrabida e il mare, un cordone sabbioso di dune.

L’archeologo Angelucci aggiunge che “I dati paleobotanici mostrano che le pigne mature erano raccolte ancora chiuse dai rami più alti dei pini, proprio là dove si formano”. Interessante è il dato in merito alla conservazione, emerso dallo studio: “Poi dovevano essere trasportate e conservate nella grotta, e aperte all’occorrenza con l’aiuto del fuoco in modo da estrarre e consumare i pinoli. Non è un caso che siano presenti resti di pigne e gusci di pinoli, ma non i semi commestibili” .