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Adriano Celentano e la lettera dedicata a Mia Martini dopo la sua morte

Pubblicato: 15/05/2020 12:34

Mia Martini viene trovata morta il 12 maggio 1995 nella sua casa a Cardano a Campo, dove si era trasferita da poco per stare vicina al padre. Una delle stelle incontrastate della musica italiana, indimentica artista. Poco dopo la sua morte, appena 6 giorni, Adriano Celentano scrisse per lei una lettera, toccanti parole dedicate a Mimì e alla bufala che portasse sfortuna.

La lettera di Celentano

Adriano Celentano, 6 giorni dopo la morte di Mia Martini, scrisse per lei una lettera pubblicata sulle pagine del Corriere della Sera. “Finalmente si è capito chi sono quelli che veramente portano jella: quelli del mondo dello spettacolo. Certo non tutti, ma una gran parte di questo mondo di merda, pieno di ipocrisia, deve avere qualche rimorso: in fin dei conti hanno contribuito non poco ad accorciare la vita di Mia Martini“, scrive il Molleggiato.

E non parlo solo dei colleghi cantanti, ma dei fonici, dei musicisti, microfonisti, editori, arrangiatori e affini, che quando la vedevano si toccavano dando corso al barbarico rito degli scongiuri, mentre lei (una delle migliori interpreti d’Europa) l’unica cosa che chiedeva ai falsi dello spettacolo era solo un po’ di affetto… Ora gli stessi che, per anni le hanno somministrato il micidiale veleno costringendola all’isolamento totale, senza poter lavorare, lei che di bravura se li mangiava tutti, sono quelli che ora fingono di compiangerla esaltandone le qualità“. Celentano fa riferimento a tutte quelle voci che stavano distruggendo la vita e la carriera di Mimì, osteggiata sul palco e sempre più sola anche nella vita fuori dal palcoscenico.

Mimì torna “a casa”

Loro, i deficienti dello spettacolo, ai quali basta un semplice colore viola per non farli salire sul palcoscenico, che di fuori cantano la solidarietà ma di dentro annaspano nella crudezza del loro razzismo, portando sì iella, ma non agli altri, a se stessi. A te, Mimì, hanno fatto un favore mica da poco… Sei finalmente tornata a casa“, scrive ancora.

E ancora: “Quella “Casa” dove anche il più piccolo dei tuoi respiri non passerà inosservato, poiché l’amore che ti circonda non ha confini e la sua intensità è al di là di ogni descrizione“.

Poi conclude, ipotizzando che tutta la sofferenza provata in vita, non sia stata vana: “Anche tu, come ognuno di noi, avevi una missione e forse sarà proprio questa tua sofferenza passata sulla terra che salverà tanta gente dalla spietata aggressione di quelle maldicenze che feriscono, emarginano e talvolta uccidono. Mentre ti spegnevi, un nuovo raggio di luce nasceva per illuminare i tanti a comprendere che nessuno può portare jella a un altro, se qualche volta c’è, è perché ce la siamo creata da soli. Nessuno ce la può dare“.