“Meglio andare a lavorare dopo la scuola e guadagnare subito che fare l’università”. Si tratta una raccomandazione sentita tante volte nelle famiglie o sulla strada negli ultimi 50 anni. Da quando studiare è realmente diventata una possibilità quasi per tutti.
Non solo per un’élite ristretta come era stato per moltissimo tempo, e si sono affacciati agli studi universitari anche i figli di quelle famiglie in cui prima non vi erano mai stati laureati, strette tra l’orgoglio di vedere il loro primo membro con una laurea e l’istinto che privilegerebbe l’esigenza di uno stipendio subito, terminate le scuole superiori.
Ma è vero che è meglio lavorare già dopo il diploma senza attendere oltre? Conviene invece laurearsi? E quanto? Rende investire negli studi? In quali Paesi del mondo è più raccomandabile? E per gli uomini e le donne allo stesso modo o vi sono differenze tra i sessi anche in questo ambito?
Qui 6 cose da sapere sull’argomento.
1. I laureati italiani in fondo alla classifica dei guadagni
I guadagni lordi dei laureati, uomini o donne che siano, rispetto a quelli dei diplomati, sono, in valore assoluto, piuttosto alti in Paesi come Lussemburgo, Stati Uniti, Irlanda, Paesi Bassi e Austria.
Un uomo lussemburghese laureato si calcola che guadagni nella sua carriera 1,2 milioni di dollari circa (considerando un tasso annuo di crescita del 2%), uno americano 954.800 mila, uno irlandese 920.400 mila, uno tedesco 705.600, mentre uno italiano solo 435.700, che diventano 300.700 nel caso delle donne.
Siamo al di sotto della media europea ed OCSE, e non di poco, ma di circa 115 mila dollari nel caso degli uomini e di quasi 200 mila in quello delle donne.

(fonte: OCSE, rielaborazione Momento Finanza)
2. Negli USA le tasse universitarie non influiscono più di tanto
Naturalmente laddove è maggiore il guadagno aggiuntivo sono più alte anche le imposte, i contributi, e a volte le tasse universitarie.
Ma questo non annulla il fatto che i guadagni dei laureati proprio in quei Paesi rimangono maggiori che in altri. Per esempio negli USA il costo degli studi universitari, nonostante siano 4,5 volte maggiori che nella media OCSE, non influiscono più di tanto e appaiono poca cosa, 36 mila dollari contro il mezzo milione e più (se uomini) di introiti supplementari nel corso della carriera.
Tuttavia in alcuni casi i minori costi fanno risultare i profitti netti della laurea maggiori anche in presenza di salari non altissimi.
E’ il caso del Cile, dove è anche maggiore che in Germania o in Svizzera, grazie alle tasse molto inferiori.

(fonte: pixabay)
3. Il peso delle imposte riduce però il profitto degli studi in Italia
Altrove le tasse hanno il loro peso, però. Per esempio in Italia. Dove il profitto complessivo per i laureati, inteso come differenza tra guadagni e costi, è più basso di quello di Paesi dove pure gli stipendi sono più bassi, come Nuova Zelanda, Corea del Sud, Spagna, Slovacchia.
Perché? Proprio per le imposte.
Che in Italia ammontano per un uomo con studi universitari in media a 175 mila dollari, mentre i contributi a 42.300. In Corea del Sud si scende a 37.800 e 29.800 dollari. In Francia, Spagna, Svizzera, Regno Unito, naturalmente in tutto l’Est Europa, si paga di meno. Lo stesso discorso varrebbe se guardassimo ai dati delle donne. La colpa è delle aliquote delle imposte elevate sui redditi da lavoro più alti, quelli di quadri e dirigenti tra cui chiaramente i laureati sono moltissimi.

(fonte: OCSE, rielaborazione Momento Finanza)
4. Il rapporto benefici/costi, in Italia superiore alla media OCSE
Tuttavia guardando al rapporto e non alla differenza tra benefici e costi aggiuntivi complessivi della prosecuzione degli studi a confronto dello stop al diploma secondo l’OCSE questo sarebbe in Italia di 8,38 volte nel caso delle donne e 7,67 in quello degli uomini.
L’Italia si pone in questo al di sopra della media OCSE a un livello simile a quello francese.
E’ in Turchia, Israele, Cile e Irlanda che la convenienza pare massima in termini di rapporto benefici/costi. In questi casi infatti va oltre le 15 volte. Questo perché alcuni costi sono particolarmente bassi, per esempio il costo opportunità della rinuncia all’eventuale lavoro negli anni dopo il diploma. In Italia i guadagni mancati in questo caso sarebbero limitati, sono pochissimi i 20enni occupati, e comunque con stipendi bassi.

(fonte: pixabay)
5. Studiare conviene ancora di più alle donne
Fare l’università rispetto a fermarsi al diploma è ancora più conveniente per le donne che per gli uomini in molti Paesi. Tra questi Italia, Irlanda, Spagna, Turchia, Paesi Bassi, Norvegia, dove il rapporto benefici/costi è maggiore che per gli uomini. Nei Paesi mediterranei ciò è dovuto al fatto che l’occupazione femminile è molto bassa e i potenziali guadagni mancati degli anni degli studi universitari sono ancora più trascurabili, visto che le donne giovani che lavorano sono veramente poche.
In Turchia per esempio nell’andare all’università una donna perde in media solo 2 mila dollari di mancati stipendi, mentre un uomo 9.200. In Svizzera invece ne perde 67.600, quasi quanto gli uomini (69.200).
In Italia i mancati guadagni di una donna negli anni degli studi sono solo 17 mila, molti meno dei 24.700 nel caso degli uomini.

(fonte: OCSE, rielaborazione Momento Finanza)
6. Il TIR (Tasso Interno di rendimento) della laurea
Se volessimo però trattare la laurea come un investimento iniziale che deve dare profitto, in Italia il suo rendimento sarebbe tra i più bassi. Sarebbe del 12,5% annuo per le donne e del 9,7% per gli uomini. Altrove i numeri sono molto diversi, si arriva al 61,8% per le donne turche, al 57% per quelle irlandesi, al 39,9% per gli uomini israeliani. Sono Paesi con alta crescita, con ampie differenze salariali tra i settori trainanti, come l’ICT, e il resto dell’economia, nonché con meno tasse anche per i redditi medio-alti.
Ma anche in Spagna, Francia o Germania il rendimento è superiore. Qui il TIR per le donne arriva rispettivamente al 17,8%, 18,5% e 14%, per gli uomini al 14%, 14,1% e 16,5%. La differenza è data dalla bassa crescita dei salari in Italia, anche per i laureati, e ovviamente l’alta tassazione.

(fonte: OCSE, rielaborazione Momento Finanza)
Molto dipende anche dall’università, ma studiare conviene sempre
Naturalmente le differenze non sono solo tra Paese e Paese, ma anche tra tipologie di studi e di università frequentata. Negli USA per esempio un laureato del MIT a metà carriera raggiunge i 155 mila dollari annui mediamente, il triplo rispetto a chi ha come Alma Mater un anonimo college del Sud. Così in Italia chi esce dalla Bocconi può ambire già prima dei 35 anni ad avere uno stipendio il 14% in più della media.
Le variabili sono molte, ma possiamo affermare che laurearsi conviene. I costi in più sostenuti per studiare, in termini di tasse universitarie, maggiori imposte e contributi durante la carriera lavorativa, rendono ogni anno una cedola superiore a quella di qualsiasi fondo, un interesse più alto di qualsiasi rendita, immobiliare o fondiaria. Soprattutto di questi tempi, con tassi ridotti all’osso. La fatica dei più giovani una volta finita l’università spesso ce lo fa dimenticare, e il confronto con l’estero come al solito non è per nulla lusinghiero. Ma studiare di più conviene, e non potendo essere tutti startuppari è forse l’unico vero investimento che tutti possono fare.

(fonte: pixabay)