Il lockdown è quasi finito, stiamo
gradualmente tornando alla normalità e molti sperano che il covid alla fine
rimarrà solo un brutto incubo. I segni lasciati dall’emergenza però saranno
ancora visibili per molto tempo e i dibattiti e le preoccupazioni legate ad
essa continueranno a popolare la scena pubblica. Tra questi dibattiti c’è anche
il ruolo della tecnologia durante l’emergenza, da internet e le app ai
dispositivi smart. Ma è vero che il lockdown ha cambiato il nostro modo di
usare internet? E soprattutto quanta influenza ha internet e la tecnologia
nelle nostre vite? Facciamo una breve analisi del ruolo della tecnologia in
questo lockdown.
Smart working, e-learning ed intrattenimento
Dall’inizio
delle crisi covid, internet è stato sovraccaricato. O meglio, i server di
alcune aziende e provider non hanno retto. Come hanno confermato i maggiori
operatori di rete italiani, i volumi sono aumentati durante l’emergenza,
passando da un traffico del40 al 70% in download e
del 300% in upload (dati di OpenFiber a marzo). Basti pensare che da fine
febbraio gli studenti di tutta Italia si connettono a piattaforme come Meet o
Zoom per le loro lezioni e che, ovunque possibile, è stato introdotto lo smart
working.
Ma non solo: streaming, gaming e videochiamate hanno subito
un’impennata di utenti. Certo, di questo le grandi compagnie digital possono
solo che rallegrarsi, ma cosa cambia per gli utenti? Qual è il ruolo di
internet ora? Non tutti sono d’accordo in realtà. C’è chi pensa che tutto
tornerà alla normalità entro qualche mese e molti altri che credono che ormai
il mondo si dovrà abituare a queste situazioni, e che la tecnologia avrà un
ruolo sempre più predominante nella nostra vita, non solo per quanto riguarda intrattenimento
ma anche per il lavoro, la scuola, la salute e i bisogni primari, come la spesa,
portandoci a gestire tutto attraverso un semplice smartphone o app.
App per la salute e tracciamenti
L’esempio sotto gli occhi di tutti è proprio la Cina: primo focolaio di Covid e prima ad utilizzare la tecnologia per bloccare il diffondersi dei contagi. App che monitorano gli spostamenti e lo stato di salute, QR code da scansionare per accedere a determinati luoghi pubblici e una sorveglianza digitale capillare, che non lascia via di fuga. In Italia – ed in Europa – tutto ciò non può succedere per ovvie ragioni, ma non per questo non verranno sperimentate delle app per contenere i contagi.
In Italia si chiama Immuni, come ben sappiamo, e funzionerà attraverso la connessione Bluetooth e la generazione di codici ID crittografati che potranno essere decifrati solo dalle autorità competenti.
E la privacy?
Tutto questo uso di app, internet e dispositivi smart ha messo però alla dura prova non solo la tenuta dei server di rete ma ha compromesso anche la privacy degli utenti: dal caso eclatante del sito dell’Inps, alla diffusione di dati personali attraverso piattaforme e servizi online fino all’archiviazione dei dati di Immuni.
Cosa possono fare dunque i cittadini per salvaguardare la propria privacy online pur continuando ad usufruire dei servizi online?
Per prima cosa ci vorrebbe più trasparenza da parte delle aziende sul trattamento dei dati (un processo iniziato con il GDPR ma non ancora completato). E le stesse istituzioni dovrebbero garantire agli utenti un adeguata digitalizzazione e conoscenza di rischi e opportunità che la rete regala. Dopodiché alcune regole base della cybersecurity, come password protette e l’utilizzo di reti VPN, dovrebbero essere alla base di ogni navigazione online.
Il lockdown ha dunque cambiato l’uso che
facciamo della rete?
Sicuramente ne ha aumentato i volumi e di certo
l’attenzione verso le possibilità date della tecnologia è sempre più
accentuata. Nel corso dei prossimi mesi – e anni – vedremo fino a che punto
internet ha sostituito i servizi fisici e soprattutto capiremo se siamo pronti
a gestire la nostra vita digitalmente.