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Omicidio di Via Poma, l’avvocato dei Cesaroni: “L’indagine si può riaprire”

Pubblicato: 04/08/2020 22:41

Il 7 agosto saranno 30 anni esatti dal Delitto di Via Poma, uno dei più misteriosi e tutt’ora irrisolti omicidi. La vittima, Simonetta Cesaroni, è da decenni al centro del giallo sulla sua morte, che ha portato a numerose condanne ma anche altrettante assoluzioni. Mentre si avvicina l’anniversario, il legale della famiglia parla della possibilità di riaprire il caso, in cerca della verità una volta e per tutte.

Il Delitto di Via Poma, 30 anni dopo

Era l’estate del 1990 quando Simonetta Cesaroni venne uccisa con un colpo alla testa e, successivamente, le vennero inferte 29 coltellate. Il delitto accadde negli uffici di via Poma della A.I.A.G, l’Associazione Alberghi della Gioventù, dove la 21enne Cesaroni lavorava. Il suo corpo fu trovato qui, martoriato, mezza svestita e con segni di morsi sul collo. Una brutalità che si è poi risolta con decenni di indagini, numerose piste e condanne, ma anche in un nulla di fatto.

Tra gli indagati, vennero presi in considerazione prima il portiere dello stabile, quindi il datore di lavoro e poi l’ex fidanzato Raniero Busco. Proprio lui fu condannato a 24 anni di carcere, prima di una definitiva assoluzione in Cassazione nel 2014. Fino a questo momento, quello è stato l’ultimo atto sul delitto di Via Poma.

L’avvocato dei Cesaroni: “Si può riaprire l’inchiesta

Per l’occasione dei 30 anni da quell’atroce delitto irrisolto, è stato sentito l’avvocato Federica Mondiani, che cerca la verità per la famiglia Cesaroni. Ad Adnkronos, ha dichiarato: “Sul caso di via Poma si sarebbe potuto fare molto di più, in particolare coinvolgendo esperti, anche stranieri. Tecnicamente si può sempre riaprire l’inchiesta, la possibilità processuale c’è ma servirebbe un passo da parte della Procura“.

Per l’avvocato, quindi, tocca allo Stato darsi da fare per cercare la verità, dopo i tanti buchi nell’acqua degli anni passati: “Dimostrerebbe un grande senso di civiltà”. Altrimenti, sottolinea la Mondiani, “Il caso di Via Poma è una sconfitta del sistema giudiziario italiano“.

Il suicidio di Vanacore e le altre piste

Il mistero sul Delitto di Via Poma, negli anni, si è infittito ancora di più. Particolarmente clamore ha fatto, nel 2010, il suicidio del portiere dello stabile, Pietro Vanacore. La sua morte arrivò 3 giorni prima della deposizione in aula, e il suicidio formalmente è dovuto ai “vent’anni di martirio“, come scrisse in una lettera.

Tra le ipotesi sulla carta più assurde ma comunque vagliate, ci fu anche quella di un omicidio su commissione da parte della Banda della Magliana. La giovane avrebbe scoperto dei segreti dell’azienda, che avrebbe favorito proprio la banda, tra l’altro col benestare del Vaticano. Una pista che non ha portato a niente, però, così come quella sul datore di lavoro e sul ex fidanzato, per un mistero che ad oggi sembra irrisolvibile.