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Delitto di via Poma: dopo 30 anni l’assassino di Simonetta Cesaroni è ancora ignoto

Pubblicato: 06/08/2020 17:45

Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni? Dopo più di 20 anni è una domanda ancora senza risposta. La 21enne è stata uccisa il 7 agosto 1990, nel caldo pomeriggio di Roma, in via Poma, dove lavorava. Tre imputati diversi nel corso degli anni: Pietro Vanacore, Federico Valle e Raniero Busco, ma alla fine nessun colpevole.

Il delitto di via Poma: cos’è successo

Simonetta Cesaroni, esperta contabile, quel pomeriggio di agosto ha raggiunto l’associazione in cui lavorava. Alle 17.30 un’ultima chiamata con un’amica, l’ultima volta in cui qualcuno ha parlato con la 21enne. Secondo l’autopsia, Simonetta è morta tra le 17.30 e le 18.30.

Qualcuno l’ha raggiunta in ufficio, ed è stata lei stessa ad aprire la porta: niente spioncino da cui osservare chi bussa, ma sembra che Simonetta conoscesse il suo killer. La ragazza ha probabilmente tentato la fuga, il suo corpo è stato trovato nell’ultimo ufficio del piano.

Il cadavere di Simonetta Cesaroni

Le ferite di Simonetta parlano chiaro. Due lividi sui fianchi provocati probabilmente dall’assassino, che con la forza delle gambe e delle ginocchia la teneva a terra. Il reggiseno tirato verso il basso e solo un paio di calze addosso, per il resto nessun vestito: l’assassino li ha portati via. Sul viso diverse ecchimosi provocate dai pugni con cui l’uomo l’ha colpita; un morso sul seno; nessuna violenza sessuale, secondo il medico legale, l’assassino potrebbe aver tanto lo stupro senza però riuscirsi.

Forse a quel punto la rabbia è montata ancora più travolgente: Simonetta è stata pugnalata con 29 colpi di un tagliacarte. Ferite di 11 centimetri di profondità che sono arrivate alla giugulare, all’aorta, al cuore e al fegato. Alcuni colpi intorno agli organi genitali. Ad uccidere Simonetta, però, è stato un trauma alla testa. Subito dopo l’assassino si deve essere pulito, ha preso i vestiti della 21enne e ha lasciato il palazzo indisturbato. Le scarpe, rimesse a posto in un lato della stanza, sono state trovate pulite.

Il ritrovamento

Paola Cesaroni, 27 anni, sorella di Simonetta, si insospettisce non vedendo tornare la sorella. Con un dirigente della società raggiunge via Poma e lì, in quell’ufficio, trova il cadavere della ragazza. Poco dopo cominciano le indagini che ancora oggi non hanno portato a una sentenza di condanna. Subito viene ascoltato il fidanzato di Simonetta, Ranieri Busco, 25 anni.

Arresto di Pietro Vanacore

Tre giorni dopo la morte di Simonetta c’è un primo arresto. In manette finisce Pietro Vanacore, è il portiere dello stabile ed è stato l’ultimo a vedere viva Simonetta. La sua versione non convince gli investigatori, ma alla fine non ci sono prove contro l’uomo, anzi: ogni analisi scientifica finisce per demolire la tesi accusatoria rivolta a Vanacore. L’uomo non si trovava insieme agli altri portieri, tutti riuniti nel giardino del complesso nel momento del delitto. Uno scontrino rivelerà che Vanacore avrebbe comprato un frullino dal ferramenta alle 17.25 e che si sarebbe diretto verso le 22.30 a casa dell’ingegnere Cesare Valle. L’anziano dichiarò però agli investigatori che Vanacore sarebbe arrivato alle 23, e questi elementi bastano a far scattare il sospetto. Ci sono macchie di sangue nei pantaloni del portiere che, si scoprirà in seguito, appartengono a lui stesso.

Il racconto del testimone: Federico Valle

Passano anni e l’11 marzo del 1992 sembra esserci una svolta. Un austriaco, Roland Voller, racconta di aver conosciuto per caso Giuliana Valle, ex moglie di Raniero Valle, la quale gli avrebbe raccontato la sua preoccupazione per il figlio. Federico, riferisce il testimone, sarebbe rientrato a casa ferito e coperto di sangue quel 7 agosto. La donna smentirà di aver mai parlato del figlio con Voller, il quale emerge in seguito, era un truffatore, poi informatore di bassa lega della polizia. L‘ipotesi di un coinvolgimento di Federico Valle sarebbe sostenuta dall’idea che il ragazzo fosse geloso della supposta relazione del padre con la giovane 21enne. Roland dichiara però di conoscere Simonetta, inoltre Federico sarebbe rimasto tutto il giorno a casa a causa del caldo.

Ranieri Busco condannato e poi assolto

Agli inizi degli anni 2000 vengono effettuati i test del DNA sugli oggetti personali di Simonetta Cesaroni. Sul corpetto della giovane viene trovato il DNA del fidanzato, Ranieri Busco, la cui impronta dentale corrisponderebbe anche al morso sul seno della ragazza. Niente di anomalo secondo le testimonianze, che riportano varie effusioni tra i due nei giorni passati. Busco diventa comunque il sospettato principale. Nel 2011, dopo due anni di processo, il fidanzato viene condannato a 24 anni di reclusione per l’omicidio. Sarà scagionato dalle accuse nel 2012.

Il suicidio di Vanacore

Durante questo secondo filone d’indagine qualcosa di inquietante avviene a Vanacore, il quale sarebbe stato collegato anche all’ipotesi investigativa legata a Valle. Nel marzo del 2010, a soli 3 giorni da quando dovrà deporre in aula Pietro Vanacore, il portiere si suicida inaspettatamente.

Tra le ancora moltissime lacune e domande, l’opinione pubblica si chiede cosa ci sia dietro il suo suicidio, se sia dovuto all’attenzione mediatica durata anni o se invece Vanacore non volesse trovarsi in aula nelle condizioni di rivelare qualcosa che invece avrebbe dovuto tenere segreto.

La Cassazione nel 2014 ha assolto definitivamente Ranieri Busco.

I servizi segreti e le altre ipotesi

Tra le varie ipotesi uscite fuori nel corso degli anni, la più inquietante riguarda i servizi segreti. Secondo alcuni, via Poma sarebbe stata in realtà una base dei servizi e l’azienda in cui lavorava Simonetta una copertura. A confermare questa tesi ci sarebbe il sospetto che Roland Voller fosse più di quello che diceva. L’austriaco avrebbe avuto in suo possesso carte segrete sul delitto dell’Olgiata, avvenuto un anno dopo la morte di Simonetta, a dimostrazione dei suoi contatti con il Sismi.

Secondo altri, l’Aiag, per cui Simonetta lavorava, avrebbe avuto degli affari edili con la Banda della Magliana in ballo. La giovane contabile avrebbe visto qualcosa di troppo, così sarebbe stata uccisa. Ipotesi poco probabile, che vede comunque coinvolti i servizi segreti, “partner” della Banda, e il Vaticano.

Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni?

Chi è l’omicida? Fu una persona sola o più di una? Quello che si sa quasi per certo è che molto probabilmente Simonetta Cesaroni conosceva il suo assassino. È stata lei infatti ad aprirgli la porta. Le cose sono improvvisamente degenerate o l’assassino l’ha raggiunta con l’intenzione di ucciderla o violentarla? Queste domande ancora non hanno una risposta.

Il legale della famiglia vuole riaprire le indagini

L’avvocato della famiglia Cesaroni, Federica Mondani, ha di recente sostenuto la validità di una possibile riapertura delle indagini: “L’omicidio di via Poma rappresenta una sconfitta per tutto il sistema giudiziario italiano, una sconfitta per lo Stato. Per la famiglia il dolore non cambia, hanno questa ferita che non si chiuderà mai anche alla luce di alcuni dubbi che non sono stati sgombrati”.

Secondo il legale, non sono stati effettuati i testi più adatti e tecnologicamente avanzati su alcuni reperti, come un morso trovato sul corpo della vittima: “Ricordo che la prima perizia su questo punto era stata fatta da una persona preparata ma si trattava di un esperto balistico. In un caso del genere bisognava puntare su expertise di assoluto livello, anche cercando persone all’estero ma ciò non è stato fatto”.

Disaccordo del legale di Ranieri Busco

Di diversa opinione è invece l’avvocato di Ranieri Busco, secondo il quale riaprire le indagini avrebbe poco senso: “Oggi, a distanza di 30 anni, chi ha il coraggio di avviare nuovi accertamenti dopo ben sette fallimenti? I ‘protagonisti’ di questa brutta storia sono quasi tutti morti. Credo sia impossibile arrivare ad una verità a meno che qualcuno decida di parlare, anche in punto di morte”.