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Lascia che il compagno uccida la figlia: prima condannata, ora sarà rilasciata

Pubblicato: 06/10/2020 23:45

Donna Deaves era stata condannata a 12 anni di carcere per aver colpevolmente assistito all’omicidio della figlia di 2 anni, perpetrato dal compagno. Ora tornerà in libertà tre anni prima del termine massimo, in una decisione che ha lasciato l’amaro in bocca agli altri parenti della bambina. Non essendo considerata pericolosa, la donna verrà rilasciata per buona condotta, mentre il suo compagno dovrà scontare una condanna complessiva a 40 anni di prigione.

Torturata dal patrigno a 2 anni

Tanilla Warrick-Deaves aveva solo 2 anni nell’agosto del 2011, quando il patrigno Warren Ross la torturò brutalmente e la lasciò agonizzante nel lettino della sua casa di Watanobbi, in Australia. La furia dell’uomo, oggi 37enne, è stata riconosciuta anche in fase processuale e lascia decisamente basiti. Secondo quanto riportato dal Daily Mail, in precedenza Ross avrebbe torturato la bambina molte altre volte, facendole cadere una pesante cassetta degli attrezzi sulla mano e picchiandola ripetutamente con un cavo elettrico.

Il giorno del tragico evento l’uomo si sarebbe accanito con particolare violenza, tanto da sbatterle con forza la testa contro il vetro della doccia. Da quelle ferite la bambina non si sarebbe mai più ripresa, ma è proprio qui che si inserisce la vicenda della madre.

Il ruolo della madre nell’omicidio

Secondo quanto stabilito dalla sentenza, Donna Deaves non avrebbe fatto nulla né per fermare il compagno, né per salvare la vita della figlia in quelle lunghissime 36 ore di agonia. La bambina, infatti, era ancora viva quando venne abbandonata nel letto: un particolare, questo, che è alla base della sua condanna per omicidio colposo.

Un caso, questo, che ricorda i tragici fatti di Cardito: anche in questo caso il piccolo Giuseppe è stato ucciso di botte dal compagno della madre, senza che questa abbia fatto nulla per fermarlo.

Le perplessità dei familiari dopo il rilascio

La condanna, arrivata nel 2013, prevedeva un massimo di 12 anni di reclusione, con la possibilità di rilascio dopo 9 anni in presenza di specifiche condizioni. Le autorità sono piuttosto soddisfatte del comportamento tenuto dalla donna in questi anni e pensano che l’aiuto di cui ora necessita possa essere fornito solo al di fuori della prigione. Per Brooke Bowen, la matrigna della bambina che si era battuta per avere giustizia, questa decisione rappresenta una vera e propria beffa: “Si sono presi la vita di una bambina – ha dichiarato all’emittente televisiva 9News Sydneye ora sua madre ha l’occasione di uscire e continuare la sua, c’è qualcosa che non va”.