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Plurimi omicidi e cannibalismo: morta di Covid la “nonna squartatrice”

Pubblicato: 14/01/2021 23:32

È una vicenda agghiacciante quella che vede al centro della narrazione un’anziana donna di 81 anni, arrestata in Russia con capi d’imputazione terribili come omicidio plurimo e cannibalismo. Dalle brutali uccisioni delle sue vittime (una bimba di 8 anni, un bidello di 52 anni e una parente di 77 anni) alle testimonianze di chi avrebbe confermato la sua abitudine nel cucinare dolci e pietanze con la carne delle vittime.

Contratto il Coronavirus in carcere, l’anziana è deceduta prima che il processo a suo carico terminasse.

L’agghiacciante storia della “nonna cannibale”

Sofia Zhukova, definita anche “nonna squartatrice“, è stata una serial killer russa nata nel 1939 a Zvyagino, un villaggio nei pressi della regione di Nižnij Novgorod. Nata in circostanze difficili, sin da piccola ha dovuto affaccendarsi per sopravvivere trasferendosi, in età più adulta, a Chabarovsk, nella periferia di Berezovka ove si è poi sposata e ha iniziato a lavorare come macellaia all’interno di un mattatoio.

La prima vittima: una bambina di 8 anni

Tre i casi di omicidio imputati alla donna, solamente due effettivamente risolti per confessione dell’anziana alla Polizia e anni quelli che la Polizia ha dovuto spendere prima di venire a capo degli orrori commessi all’interno della sua casa. Il primo caso all’appello riguardò la scomparsa di una bambina di 8 anni. La piccola scomparve nel 2005 sul sentiero della casa dei nonni che non la videro più ritornare. A chiamare in causa il sospetto che che Sofia Zuchova potesse sapere cosa fosse accaduto alla bambina fu la testimonianza di un’amichetta di questa, discordante dalla versione dei fatti data dall’anziana. La bambina raccontava di esser tornata a casa insieme alla bimba di 8 anni, di esser passate sotto casa della donna che per gli schiamazzi avvertiti, sarebbe uscita sul balcone per minacciare l’amica dicendole: “Ti taglio la testa e le mani.

Diversa la versione della Zuchova che raccontò di aver visto quel giorno la bambina che, tornando da scuola, si sarebbe fermata in gran segreto a casa sua per giocare e disegnare come era solita fare senza dire nulla ai nonni. Della bambina però nessuno trovò alcuna traccia e rimasero nel vuoto le testimonianze di due distinte persone che nei pressi della casa della Zuchova rinvennero resti umani: chi in una busta di plastica chi lungo la strada, scambiandoli per bocconcini avvelenati destinati ai cani.

Anastasia Mikheeva: la seconda vittima

Il secondo caso, anche questo irrisolto e che fece ricadere solamente sospetti sulla Zuchova, riguardò l’improvvisa scomparsa di una sua parente 77enne, Anastasia Mikheeva, nel 2013. La donna sarebbe anche lei improvvisamente sparita dopo essersi recata a casa della Zuchova. Segnalata la scomparsa, la polizia avrebbe nuovamente bussato a casa dell’81enne, indicata come ultima persona ad aver visto la parente. In quell’occasione la Zuchova spiegò di aver ospitato la Zuchova qualche giorno, in attesa che si trasferisse a Mosca, prima che questa sparisse nel nulla per raggiungere dei parenti a Primorye, portata via da un’auto nera. Altri indizi sembrano però non tornare: le macchie di sangue della Mikheeva trovate sulle pareti della casa della Zuchova, giustificate come “gocce di sangue” che la 77enne avrebbe fatto finire sul muro agitando il fazzoletto con cui si era soffiata il naso, durante una lite in aggiunta alla testimonianza di un postino. Quest’ultimo, incontrata la Zuchova dopo la scomparsa della 77enne, avrebbe chiesto spiegazioni sull’accaduto all’anziana che si sarebbe tradita dicendo di aver visto la parente sparire a bordo dell’auto guardando dalla finestra. Finestra di casa che però non darebbe sul cortile e dalla quale la Zuchova non avrebbe potuto in alcun modo veder sparire un’auto.

I vicini di casa, in questo caso, confermarono di aver visto la Zuchova indossare nei giorni seguenti la scomparsa della 77enne, i suoi vestiti e di averla vista buttare nella spazzatura un grosso sacco dell’immondizia ma nonostante i plurimi indizi, anche questo caso rimase irrisolo e sullo Zuchova permase solamente il sospetto.

Vasily Shlyakhtich: la terza vittima

Era il 2019 invece quando si presume che Sofia Zuchova abbia ucciso la sua terza vittima, Vasily Shlyakhtich, un bidello di 52 anni. L’uomo, ai tempi, sembra fosse stato sbattuto fuori casa e che avesse chiesto ospitalità proprio alla Zuchova per poi, sparire nel nulla. Arrivata la segnalazione della scomparsa dell’uomo alla Polizia, contemporaneamente arriva la segnalazione da parte dei vicini di casa della Zuchova circa rumori sospetti dalla sua abitazione. Nuovamente qualcuno si accorge che l’anziana donna butta nella spazzatura un grosso sacco dell’immondizia. Gli agenti non tardano ad arrivare a casa dell’anziana, questa volta arrestandola come principale sospettata e ispezionando la sua casa dove vennero ritrovate tracce di sangue del 52enne.

Questa volta, chiamata a spiegare in che modo la scomparsa dell’uomo potesse essere a lei ricondotta, la Zuchova racconta una versione che non convince gli agenti: racconta di aver dato ospitalità al bidello che si era presentato a casa insieme ad un amico. Offerto un thé ai due, questi l’avrebbero violentata e solamente per difesa, dopo lo stupro e rimasta sola con Vasily Shlyakhtich, lo avrebbe ucciso con un’ascia. Trasferita in carcere in attesa di ulteriori indagini su di lei però, la Zuchova confessa il passato ai compagni di cella a cui racconta nei dettagli i 3 omicidi: quello della bambina, quello 77enne e quello del 52enne.

Le accuse di cannibalismo

Tanti i testimoni chiamati a chiarire la posizione della donna e tante le ricerche messe in atto dalla Polizia per comprendere cosa avesse davvero commesso e in che modo. Tra le tante dichiarazioni rilasciate, come riportato dal The Sun, furono sempre i vicini a portare alla luce altri scabrosi dettagli sulla vita della Zuchova: “Abbiamo sempre trovato strano che, nonostante fosse scontrosa e scortese, spesso trovava il tempo per cucinare cose per i bambini del posto – avevano dichiarato i vicini dell’anziana – Erano sempre piatti di carne. A volte li dava agli adulti, comprava a me e a mio marito piatti con gelatina di carne. Me lo ricordo bene perché mio marita mi aveva detto di non mangiarlo non fidandosi di cosa fosse e ora mi sembra avesse ragione“. Accuse dunque, chiaramente, di cannibalismo che però non furono mai effettivamente confermate nel corso dell’iter processuale che ha avuto per protagonista la Zuchova.

Morta di Covid in carcere

Tanti i capi d’accusa imputati alla donna e ancora numerose le indagini sul suo conto sul quale, nel tempo, è gravata l’accusa relativa altre sparizioni e ad altri omicidi tutti commessi o avvenuti nelle vicinanze della casa dell’anziana. Il tempo però non è stato clemente con gli investigatori che, alla luce della morte per Covid-19 dell’anziana, deceduta in carcere, hanno interrotto ogni azione di ricerca.