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Italia in rosso. Lockdown a Natale e a Pasqua, il prossimo sarà in estate: come si manipola un cervello

Pubblicato: 19/03/2021 08:37

Ci risiamo. Zone rosse in (quasi) tutta Italia e lockdown pasquale. No, non è il 2020, è il 2021. E, anche se è passato un anno, la situazione è inquietantemente simile a quella dell’anno precedente, al netto di monopattini che hanno reso impraticabili le nostre strade e di banchi a rotelle parcheggiati a far la muffa nei corridoi delle scuole che li hanno ordinati. Quindi, visto che di mezzo c’è anche la nostra salute mentale, oltre che quella fisica, può essere utile fare un breve ripasso delle strategie comunicative e linguistiche messe in campo dai nostri leader, per capire quali tranelli esse sottendono e quali danni possono fare. Così da, almeno, prendere le doverose contromisure.

C’era una volta

Fra la fine del 2019 e i primi del 2020, di parole se ne sono dette. A partire dalle previsioni astrologiche di Paolo Fox (ricordatevelo, voi che leggete gli oroscopi), il quale ci faceva sognare con l’idea di un anno straordinario, soprattutto per i viaggi (già), in coro con Branko che ci parlava, per il 2020, di vacanze meravigliose con i nostri cari e di affari importanti (già) e con, a puro titolo di esempio, il virologo Burioni che, a proposito di oroscopi fallimentari, ci assicurava che non c’era alcuna probabilità che il virus dalla Cina arrivasse in Italia. Sempre all’inizio del 2020, come dimenticare i vari Beppe Sala, Nicola Zingaretti e showgirl di sorta che ci esortavano a bere aperitivi in compagnia, a “non fermarci” (cito, con tanto di negazione imbarazzante) e ad abbracciarci tutti come fratelli, soprattutto nei quartieri cinesi?

Ecco, queste sono le parole che hanno accompagnato la fine del 2019 e ci hanno fatto entrare prepotentemente in questo 2020 che tutti ricorderemo per sempre. Poi, hanno iniziato a dirci che sarebbe andato tutto bene. Poi, visto che dirlo non bastava, hanno pure iniziato a cantarlo dai balconi e… insomma, eccoci qui, a fare l’ultimo sacrificio. Dicono. Ancora.

Promesse e delusioni

Dal punto di vista strategico, o la comunicazione che finora abbiamo visto all’opera è frutto di una mente diabolica che vuole annichilire la nostra volontà per renderci una massa controllabile e manipolabile per loschi fini, oppure è frutto di una ignoranza così abissale che dovrebbe essere considerata reato penale.

Partiamo dall’inizio. A fine febbraio 2020 le cose si mettono male e scatta il lockdown. Dobbiamo stare in casa, dicono, e sopportare questo sacrificio così che entro l’estate 2019 possiamo riprendere in mano la nostra vita. Un tipo di promessa del genere attiva nel cervello la produzione di dopamina, un po’ come succede quando il papà ti promette il gelato se fai due ore di compiti: tu sopporti lo stress del compito in vista di una ricompensa attesa. In questo periodo, val la pena ricordarlo, Barbara D’Urso conduce una caccia all’uomo in diretta televisiva, con tanto di elicottero, nei confronti di un disperato che fa jogging in spiaggia e dedica interi spezzoni del suo programma a spiegare, sempre in diretta, come ci si lava le mani.

Arriva l’estate e tutti se ne vanno in giro, ammassandosi come sardine unte, le une sulle altre, mentre sulle spiagge imperversano schermi di plexiglass. Sulle spiagge. Che solo a dirlo, adesso, vien da sorridere. In tutti questi mesi, vengono messe in campo mirabolanti strategie che impediranno, dicono, il ripetersi dei mesi allucinanti che ci siamo appena lasciati alle spalle. Monopattini ovunque e bonus vacanze, per esempio, allietano le nostre giornate: altra dopamina in arrivo per noi cittadini, con una spruzzata di endorfine dovuta all’idea dei banchi a rotelle che, diciamolo, non servono a nulla ma sono davvero divertenti. Dopo l’estiva dopamina, ecco la chiusura, con messaggi che lasciano poco spazio all’interpretazione: le persone non sono responsabili, si ammassano, e quindi dobbiamo chiudere di nuovo. Dal punto di vista chimico, una situazione delicata: prima, la dopamina (se fai il bravo, esci) poi, il cortisolo e la norepinefrina (hai fatto il cattivo, perché sei uscito, quindi ti richiudo in casa). È come se quel papà, dopo aver promesso il gelato, sgridasse suo figlio nonostante i compiti fatti.

Mica è finita qui. Dopo un ulteriore peggioramento dei primi mesi dopo l’estate, il governo decide di dare una stretta. Il motivo che avrebbe dovuto esortarci a sopportare il sacrificio? Salvare il Natale. Eh, perché in un paese cattolico, vuoi non utilizzare la leva emotiva del salvare il Natale? Nemmeno Dickens avrebbe saputo far di meglio. Peccato che, dopo i sacrifici di novembre (cortisolo) in vista di un Natale sereno (dopamina), il Natale non l’abbia salvato nessuno (delusione e cortisolo): tutti chiusi in casa senza parenti e, in caso di più figli, uno soltanto a tavola e l’altro chiuso in balcone (se non sapete di che cosa parlo, leggete qui).

Che cosa comporta tutto questo dal punto di vista psicologico? È facile intuirlo: ti prometto una cosa e poi non mantengo la promessa, te ne prometto un’altra e poi non mantengo nemmeno stavolta la promessa… insomma: a suon di delusioni, la volontà si fiacca, come si fiacca a quei prigionieri a cui si continua a parlare di una liberazione che non arriva mai. Dopo un po’, la volontà si piega e la speranza lascia il posto a una quieta rassegnazione, perfetta per vendere alle persone cose di cui non hanno bisogno o campagne elettorali ricche di nuove e mirabolanti promesse.

Mica è finita: dopo le chiusure Natalizie, e lasciando perdere le promesse fatte a ristoratori ed estetiste (fra le altre categorie) circa il fatto che se si fossero attrezzati per la sicurezza avrebbero potuto lavorare (e invece, anche se si sono attrezzati, non lavorano lo stesso), il governo concede il permesso (la frase è di Di Maio) alle persone di uscire. Ma per poco, perché appena le persone escono, ecco che si inizia – di nuovo – a gridare all’inciviltà delle persone medesime: per colpa loro, dovremo chiudere ancora.

Il meccanismo è perverso: ti dico che puoi uscire, tu esci, poi ti faccio capire che il fatto che tu sia uscito produce una nuova chiusura. E poi lo faccio ancora. E poi lo faccio ancora, fino a che tu capisci di non avere una via di fuga e ti dichiari disposto a fare qualsiasi cosa ti chiedano, purché ti lascino in pace. Tra l’altro, notate la subdola operazione messa in campo a livello di “frame”, ovvero di “cornice”: sono le persone ad aver agito male, non i controlli a essere stati inefficaci. Voglio dire: una darsena milanese che si riempie non è una lampadina che si accende e spegne, è il frutto di un processo lento, su cui nessuno ha vigilato, su cui nessuno ha messo un freno. Ma, ai fini del fiaccamento della volontà, meglio scaricare il barile.

Ora, ci chiedono un altro sacrificio. E pure la Pasqua è andata. Che cosa ci aspetta, dopo? Lo scenario, secondo lo schema finora applicato, potrebbe essere il seguente: dopo Pasqua qualcuno concederà il permesso di uscire, la gente non si comporterà bene o secondo le attese, chiuderanno ancora dicendo che è necessario salvare l’estate. Un’altra volta, un’altra ancora.

Dopo l’estate ci sarà la chiusura… poi un sacrificio per salvare il Natale, poi uno spiraglio, poi ancora no e così via. Spero tanto che la mia previsione sia come quella degli astrologi citati, ovvero sbagliata e che le mie capacità di predire il futuro siano come quelle di chi scrive oroscopi, ovvero nulle. Spero davvero che fra sei mesi qualcuno mi dica: hai sbagliato! Hai previsto una cosa che non è successa! Spero davvero. Perché l’alternativa sarebbe ammettere che siamo governati da una manica di geniali manipolatori di mente e plasmatori del comportamento umano. O da una manica di idioti.