L’arte digitale sta crescendo a livelli paurosi. Stiamo assistendo al boom dei cosiddetti “Nft” – non fungible token – oggetti scambiabili ma non riproducibili. L’immagine autentica contenuta nel token è garantita dalla transazione criptata effettuata tramite blockchain. È come avere una figurina autografata. Ci sono tante figurine in giro sul mercato, ma è l’autografo che le conferisce valore. Un mese fa la musicista Grimes (pseudonimo di Claire Elise Boucher), compagna del formidabile imprenditore Elon Musk, ormai uno degli uomini più ricchi del mondo grazie a Tesla e SpaceX, ha venduto alcuni suoi lavori artistici per ben 5,8 milioni di dollari.
Business digitale: il caso dell’NBA
In sostanza, nel mondo digitale, caratterizzato dall’infinita riproducibilità,
grazie agli Nft viene reso possibile rivendicare la scarsità e la proprietà di un’immagine. Il caso dell’NBA – National Basket Association, la principale
lega professionistica di pallacanestro negli Stati Uniti, merita di essere citato perché è riuscita in poco tempo a incassare centinaia di milioni di dollari dalla vendita sulla propria piattaforma ufficiale “Top Shot” video esclusivi certificati da una firma digitale. Una breve clip con protagonista LeBron James (LBJ), campione assoluto, ora nei Los Angeles Lakers, vale oro (o bitcoin).
I rischi di investire in Nft
Lo sviluppo della compravendita dei “token” non è soggetto a “free lunch”, come ci ammoniva il premio Nobel (1976) Milton Friedman (1912-2006). Infatti sono emersi due grandi problemi: 1) Il venditore potrebbe non possedere l’opera d’arte e 2) più Nfc possono essere creati per una singola opera d’arte. L’avvocatessa Angela Saltarelli dello Studio Chiomenti ha ammonito i compratori, chi compra Nft rischia grosso: “La lacuna normativa attuale comporta problemi di tutela dei consumatori, oltre a possibili elusione della normativa antiriciclaggio, considerando che molti acquisti sono in criptovalute. Cosa succede ai token in caso di fallimento dell’emittente?”.
Alcuni sono scettici poiché alla fin fine si tratta sempre di banalissimi file. Quanto può valere un file, anche se certificato? Saltarelli mette ancora in guardia: “Gli Nft non contengono il bene (anche se digitale) che rappresentano, ma solo dei metadati non modificabili relativi al bene e alla sua titolarità. In caso d’irreperibilità del bene o di rimozione da internet dell’opera digitale gli Nft perdono valore?”. Il collezionismo digitale è in fermento. Però una domanda ce la dobbiamo porre: non è meglio avere davanti a noi sulla parete un (vero) Canaletto o un Kandinsky?
Foto in alto: Shutterstock