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Ascesa e discesa delle SPAC

Pubblicato: 19/05/2021 13:11

Sono state il tormentone di questa prima parte di nuovo anno negli USA e stanno per invadere anche il mercato europeo. Stiamo parlando delle SPAC, acronimo di Special Purpose Acquisition Company, definite in America società “in bianco”, ovvero piccole compagnie nate per acquisirne altre – note come target – e che sbarcano in Borsa senza avere una vera e propria attività commerciale, senza un’azienda che produca qualcosa o venda dei particolari prodotti. Ma andiamo con ordine.

Cosa sono le SPAC?

Un po’ lo abbiamo anticipato. Sono società che si quotano in borsa con una normalissima offerta pubblica iniziale, un’IPO, proprio come qualsiasi altra società. Senza dilungarci troppo in tecnicismi che potrebbero distogliere l’attenzione, una SPAC è essenzialmente una società di comodo costituita da investitori con l’unico scopo di raccogliere fondi attraverso un’IPO per acquisire eventualmente un’altra società.

Le SPAC hanno un determinato periodo di tempo di vita. Se entro questo lasso di tempo non riescono a chiudere la merger con la società target, viene di fatto dissolta.

Perché se ne parla tanto?

Con molte società in difficoltà per via della pandemia, le IPO delle SPAC hanno avuto un vero e proprio boom a inizio anno, in particolare negli USA, dove anche la Securities and Exchange Commission ha deciso di aprire un fascicolo per studiare come si possa arginare – e, innanzitutto, se va fatto – il proliferare di queste società di scopo.

Oltre al fatto che molti investitori potrebbero usare una SPAC per arrivare più facilmente sul mercato, anche alcune società possono sfruttare questo mezzo per sbarcare in Borsa senza avventurarsi nel lungo e tortuoso percorso fatto di documenti, conti, autorizzazioni e amenità simili da presentare alla SEC. Insomma, si arriva a Wall Street senza fare tutta la trafila ordinaria.

Chi ha investito finora sulle SPAC?

A mettere soldi sulle società “in bianco” sono stati grossi nomi della finanza a stelle e strisce che, anche grazie alla loro notorietà, hanno potuto convincere molti piccoli investitori a iniettare soldi nel marasma delle SPAC. Tra loro, c’è il fondo americano Marshall Wace, che dopo aver investito diversi miliardi di dollari all’inizio del 2021, ora tira un po’ il freno: “Il fenomeno SPAC finirà male e lascerà molte vittime”, ha detto Paul Marshall, fondatore della firm, pur rivelando che la sua stessa azienda ha più di 1 miliardo di dollari di esposizione lorda sulle SPAC tramite il suo fondo hedge Eureka che di miliardi, in totale, ne gestisce 21.

Marshall, che in precedenza aveva perso soldi scommettendo sulle SPAC, ha affermato che l’attuale frenesia che ha travolto anche gli investitori al dettaglio rappresenta un’opportunità per fare soldi. L’azienda possiede o ha posseduto posizioni long su “quasi ogni SPAC” e ora sta anche scommettendo sul crollo dei loro prezzi, shortando le azioni di queste società.

Secondo molti, la bolla è già scoppiata

A detta di molti esperti e osservatori del mercato, la bolla SPAC è già esplosa, lasciando sul campo “molti relitti”. Ma ogni esplosione porta opportunità, e questa non è diversa. Gli investitori dovrebbero utilizzare quel che hanno per rimediare alla carneficina e identificare gli sponsor di qualità delle SPAC ancora alla ricerca di acquisizioni o di quelle con accordi giusti o ancora da completare, secondo gli esperti.

Non bisogna commettere errori, dato che il rischio di farsi male è alto. Il Defiance Next Gen SPAC Derived exchange-traded fund (SPAK), che detiene più di 230 SPAC e società fuse con esse, è sceso di oltre il 32% dal suo massimo di 52 settimane mentre circa un quarto delle azioni che detiene ha visto il proprio valore dimezzato dai picchi recenti. Più della metà delle società viene scambiata al di sotto dei 10 dollari, il prezzo a cui iniziano a tradare di solito quasi tutte le SPAC, il che ha causato il prosciugamento delle emissioni. Perché gli investitori dovrebbero pagare 10 dollari per una nuova SPAC quando possono acquistarne una esistente a un prezzo inferiore?

Tuttavia, non tutte le SPAC vengono ritenute interessanti. La Pershing Square Tontine Holdings del noto investitore Bill Ackman è ancora alla ricerca di un partner per la fusione. Ackman ha lasciato intendere che un accordo con un’azienda “iconica” potrebbe essere annunciato nel giro di poche settimane. La SPAC è scesa solo del 27% dal suo massimo in un anno e, a quasi 25 dollari per azione, è ancora scambiata ben al di sopra del suo prezzo di IPO di 20 dollari.

Com’è la situazione in Europa?

Mentre abbiamo detto che negli USA il fenomeno è già ben consolidato e, anzi, quasi sulla via del tramonto, tra minacce di ulteriori strette del regolatore e scarse possibilità di chiudere le merger, nel Vecchio Continente il mercato delle SPAC ha appena preso il via.

“L’Europa non si è persa il boom delle SPAC; arriverà solo un po’ più tardi rispetto agli Stati Uniti“, ha affermato Anthony Attia, responsabile globale dei mercati primari e post-negoziazione di Euronext, la società che ha da poco rilevato Borsa Italiana“Siamo in una fase diversa del ciclo e la profondità dei mercati dei capitali in Europa è diversa rispetto a quella degli Stati Uniti. Probabilmente, non raggiungeremo il numero di SPAC che hanno avuto luogo negli Stati Uniti negli ultimi mesi, ma io sono fiducioso sul fatto che il trend stia crescendo” –spiega Attia.

“L’innovazione finanziaria spesso inizia negli Stati Uniti prima di arrivare in Europa e questo è ciò che è successo con le SPAC“, ha affermato Harry Nelis, partner di Accel. “È probabile che ci sarà un maggiore interesse nei prossimi mesi poiché l’ecosistema tecnologico europeo è cresciuto solo recentemente e c’è un gran numero di “unicorni” che stanno valutando se investire in questo settore”. 

Tuttavia, un boom delle SPAC in Europa non sarà lo stesso degli Stati Uniti, dove c’è molta più “polvere da sparare” e un pool più ampio di potenziali sponsor. Attia si aspetta che una pipeline più stabile di società “in bianco” che raccolgono importi ragionevoli di capitale sarà la norma nelle borse europee, ma forse non tutte.

E in Italia?

Per concludere, diamo uno sguardo al Bel Paese. Mentre nel resto del Mondo si parla ora del boom di questo tipo di società, l’Italia ha visto la prima SPAC quotarsi già nel 2011. Le SPAC sono state scelte da marchi come IVS, Italian Wine Brands, FILA, Lu-Ve, Sesa: i marchi d’eccellenza del Made in Italy hanno preferito questa strada per arrivare alla quotazione in Borsa Italiana, come sottolinea lo stesso sito dell’operatore di Piazza Affari.

Questa sembra la strada – e il meccanismo – migliore per far arrivare i capitali del risparmio nell’economia reale a favore delle PMI italiane. Il guadagno, la rivalutazione aggregata può arrivare come nel caso di Space/Fila, il noto brand di matite, fino al 45% con rischi bassi”, spiega Borsa.

Foto in alto: Shutterstock

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Ultimo Aggiornamento: 20/05/2021 11:06

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