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È giusto che le squadre riducano lo stipendio ai calciatori? Quanti milioni hanno perso le società nell’ultimo anno

Pubblicato: 21/05/2021 10:26

Le squadre di calcio del nostro campionato, dopo la pandemia che le ha colpite al cuore, sono in grande difficoltà. In particolare le grandi, che negli anni scorsi hanno foraggiato in modo notevole i loro campioni: Cristiano Ronaldo, Romelu Lukaku e Zlatan Ibrahimovic – assistiti da procuratori molto bravi nella negoziazione (Mino Raiola è tanto scaltro, quando efficace) – guadagnano delle somme ogni anno che un comune mortale non raggiunge in un’intera vita.

Superstar: solo i migliori vincono. L’unicità si paga

A cosa è dovuto questo meccanismo, apparentemente perverso, che porta a picco i bilanci delle società calcistiche? Se andiamo indietro nel tempo, possiamo trovare alcuni riferimenti utili.

Nei primi anni ’80 l’economista americano Sherwin Rosen scrisse sull’American Economic Review un paper diventato ormai famoso dal titolo “The Economics of Superstar”. La spiegazione delle ampie differenze di reddito tra atleti è dovuta al fatto che è difficile trovare un sostituto di una superstar. Solo i migliori vincono, anche se sono migliori di poco. L’unicità si paga. Molto cara.

Vuoi Ibra in squadra? Per ingaggiarlo devi sudare sette camice, interfacciarti con Raiola e strappare un contratto assai dispendioso. I rischi sono tanti. I campioni si infortunano, infatti. È notizia recente che Ibra, appena infortunato, non parteciperà agli Europei di quest’estate (oltre a non poter aiutare il Milan, che non è riuscito a vincere col Cagliari, nella corsa alla Champions League). Avere le SuperStar è condizione necessaria, ma non sufficiente per vincere, vedasi il campionato deludente (e l’uscita in Champions) della Juventus, che partiva con grandi attese (e un nuovo allenatore come Andrea Pirlo).

Squadre di calcio e la ridistribuzione del redditto e della ricchezza asimmetrica

L’attacco di Rosen – studioso del mercato del lavoro – fu fulminante: “Il fenomeno delle SuperStar, nel quale un numero limitato di persone guadagna un enorme ammontare di denaro e domina le attività nelle quali si cimenta, sembra assumere sempre più importanza nel mondo moderno […] In alcuni settori dell’attività economica esiste una concentrazione dei benefici tra alcuni individui, che portano a una distribuzione del reddito e della ricchezza asimmetrica con ritorni mostruosi per i pochi al top”.

È stato quanto mai preveggente perché con la globalizzazione e le nuove tecnologie, che hanno reso più efficiente la produzione di intrattenimento, Messi, Eriksen e Ronaldo, ma anche le star della musica – Coldplay, Lady Gaga, Rihanna, Madonna, Beyoncé – sono famose in tutto il mondo e possono chiedere stipendi da capogiro.

Per avere Guardiola come allenatore o vedere le gesta di Lukaku  – determinante nella conquista dello scudetto da parte dell’Inter non è necessario andare allo stadio Meazza (oggi peraltro precluso ai tifosi), basta avere la pay-tv, e lo si può vedere anche in Australia.

62 persone più ricche al mondo controllano la stessa ricchezza della metà più povera

La “skewness” – ossia l’asimmetria nella distribuzione del reddito e della ricchezza – è ormai diventato un tema “mainstream” dopo i meritevoli studi di Thomas Piketty e di Branko Milanovic, e soprattutto dopo che le 62 persone più ricche al mondo controllano la stessa ricchezza della metà più povera del mondo.

A fronte della pandemia che ha impedito di beneficiare degli incassi in presenza di pubblico, le società di calcio devono correre ai ripari. Con i ricavi in calo e i costi fissi dei calciatori, il conto economico si porta in rosso pesante. Inter (che ha perso circa 63 milioni di euro nell’ultimo anno) e Juventus (che ne ha persi 114), le più colpite dal Covid-19, si stanno coalizzando per cercare di ridurre almeno del 15% gli ingaggi dei calciatori, che sono, come tutti coloro che vivono alla grande (viziati, in qualche modo), recalcitranti.

L’Inter ha chiesto a tutti, giocatori e dirigenti, di rinunciare a due mensilità di stipendio. A ruota la Juventus ha fatto lo stesso. L’assemblea di Lega che si è tenuta la settimana scorsa, ha chiesto la proroga dei pagamenti delle quote di iscrizione al prossimo campionato oltre a quelli relativi agli ultimi quattro mesi del campionato in corso. L’Associazione italiana calciatori (Aic) dovrà cercare di essere realista, la trippa per gatti è sempre meno.

Tetto salariale anche per i calciatori: se piove sempre sul bagnato, tutti ci perdono

Il mondo del calcio italiano ed europeo dovrebbe prendere esempio dagli Stati Uniti, dove esiste il meccanismo del “salary cap” (tetto salariale), ossia il salario complessivo degli atleti di una squadra non può superare determinati livelli. In questo modo le società evitano di avere un rapporto eccessivamente oneroso tra stipendi e fatturato. Il “salary cap” non ha solo una logica economica, ma consente anche un maggior equilibrio tra le diverse squadre. Altrimenti le più forti diventeranno sempre più forti e il campionato perderà di interesse. Se piove sul bagnato, tutti ci perdono.